LIPSIA – Lo scontro tra la Germania e la Turchia sull’accordo riguardante i profughi si intensifica. Il vice cancelliere Sigmar Gabriel (Spd) ha detto con insolita durezza: “La Germania non si può far ricattare da Erdogan”, come reazione a ciò che aveva detto il ministro degli Esteri turco Mevlüt Cavusoglu, dando alla Germania l’ultimatum: o i turchi possono raggiungere l’Europa senza visto oppure cessa l’accordo sui profughi. Questa è solo la punta dell’iceberg. I rapporti tra la Germania e la Turchia sono molto tesi. La Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) ha commentato, nell’edizione del fine settimana scorso, la manifestazione pro Erdogan alla fine del mese scorso con 20mila turchi a Colonia nel modo seguente: in Germania “nessuno deve dimenticare le sue origini e tradizioni. Ognuno qui può ascoltare media stranieri e per esempio fare una manifestazione di piazza per il presidente Erdogan. Ma qui non siamo in Turchia. Chi vive qui, anche se si sente in modo giuridico o di fatto legato alla Turchia, non è la quinta colonna di Ankara”.
In un’intervista al Deutschlandfunk Abdel-Hakim Ourghi, musulmano di origine algerina, direttore dell’Istituto di teologia islamica nella Pädagogische Hochschule di Friburgo, ha commentato così lo stesso evento: “è fatale vedere che la seconda e la terza generazione di uomini originari della Turchia, che sono stati socializzati in Germania, vadano in piazza, com’è successo a Colonia, per gli interessi di un tiranno che semplicemente ed arbitrariamente mette in galera giornalisti, giudici e scienziati. Questi uomini che scendono in piazza per difendere la democrazia o i diritti degli uomini sostengono un tiranno con posizioni estremamente conservatrici. Erdogan è un dittatore che confonde il nazionalismo con l’islam”.
Wael Farouq, in una recente intervista su questo giornale, ha dato criteri più precisi ed articolati di Abdel-Hakim Ourghi, che difende una visione liberale dell’islam in cui la religione è una questione privata. Per il professore musulmano Farouq vale questa distinzione: “I musulmani sono le persone di fede islamica. Gli islamisti sono quelli che trasformano la religione in ideologia e sono pronti a morire e uccidere per renderla dominante. Una persona che prega, digiuna e rispetta la propria tradizione religiosa è un musulmano, ma una persona che considera la propria tradizione religiosa come un progetto politico per purificare le altre tradizioni (che ritiene corrotte) è un islamista. L’islam politico non è una scelta che si fa per se stessi, è una scelta che si cerca in tutti i modi di imporre agli altri. Cogliere questa grande differenza è il primo passo per affrontare l’ideologia dell’Isis”.
Se le cose che dice Abdel-Hakim Ourghi sono vere, come a me sembra, i criteri proposti da Farouq permettono anche di comprendere Erdogan e non solo l’Isis, perché anche il presidente turco confonde nazionalismo e islam. Per Ourghi però la religione (per esempio l’islam) è “piuttosto una cosa privata, personale come legame tra Dio e l’uomo” e non l’espressione anche pubblica di “una persona che prega, digiuna e rispetta la propria tradizione religiosa” (Farouq). È interessante approfondire la differenza tra i due studiosi dell’islam nei confronti delle recenti affermazioni di papa Francesco su guerra e religione. Sebbene Ourghi abbia rispetto per il Santo Padre, sarebbe molto più cauto di lui nel dire che la guerra che vediamo non è una questione di religione: “insomma se parliamo del papa, sento (…) che non si pone sugli altri e che non vuole giudicare una religione monoteistica. Questo ha a che fare con con l’amore cristiano e con l’amore del prossimo. Ma noi mussulmani affermiamo che l’islam si trova al momento in una crisi di senso e che gli islamisti, o se si vuole l’Isis, pregano in moschee e si richiamano al Corano e alla tradizione del profeta e legittimano così la violenza e si considerano come musulmani”.
In questo modo il docente vuol dire che la separazione fatta da Francesco non sarebbe sufficientemente cauta; Farouq, a differenza sua, vede nelle parole del papa la possibilità di riconoscere un musulmano come una “persona che prega, digiuna e rispetta la propria tradizione religiosa” e proprio così contribuisce alla pace del mondo. Per questo contributo non è necessario considerare la religione solo come “una cosa privata”. Il sì di Farouq al papa è senza riserve perché riconosce in lui una persona che “mi ha fatto sentire ascoltato in quanto essere umano”, cioè vede nel papa uno che lo riconosce come persona, la cui “stessa presenza” è importante. Per entrambi — Ourghi e Farouq — per comprendere l’islam è necessario comprendere e distinguere tra i testi (quelli canonici del Corano) e le loro interpretazioni che — anche in forza della tradizione del profeta Maometto — sono per così dire responsabili di certe interpretazioni aggressive. Viceversa, mentre per Farouq l’islam è un modo di essere uomo, per Ourghi è piuttosto una questione politica e solo come “cosa privata” ha da dire all’uomo qualcosa di importante.
Il limite di Ourghi è di credere nell’islam solo dopo aver accettato l’eredità illuministica che vede nella religione per l’appunto una questione privata. Nonostante ciò l’analisi politica di Ourghi è certamente interessante nella sua critica alle organizzazioni turche in Germania, che difendono acriticamente le posizioni dittatoriali di Erdogan: “dobbiamo porci la domanda — dice Ourghi — su quale islam si sia stabilizzato qui in Germania. In primo luogo vorrei rendere attenti al fatto che le organizzazioni musulmane si trovano in una posizione lontanissima da quella di un islam umanistico e liberale che sola permetterebbe, in forza di una ricezione dell’illuminismo, di assumere da parte di questa religione una ruolo paragonabile a quello che hanno le Chiese nella società tedesca. Sappiamo che nelle comunità di organizzazioni musulmane come la Ditib, per esempio a Dinslaken e in altre città, nelle moschee è in atto una radicalizzazione. Nelle moschee a Dinskalen si sono radicalizzati venti membri dello stato islamico” (a sua volta la Ditib ha criticato Ourghi di essere un falso esperto esperto dell’islam, con l’obiettivo di screditarlo).
Dunque, quali criteri sono ultimamente necessari per comprendere la cristi del mondo islamico, per esempio nel rapporto tra la Turchia e la Germania, di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo? Mi sembra che un islam in dialogo con il mondo cristiano, come quello rappresentato per esempio da Wael Forouq, sia più opportuno che non quello ispirato a criteri che nascano principalmente da un’analisi politica.
Quest’ultima paradossalmente non è in grado di comprendere realmente la differenza tra politica e religione e quindi si trova spiazzata di fronte alla frase di papa Francesco pronunciata durante il volo di ritorno da Cracovia, quando ha detto cioè che la ragione ultima della guerra non è la religione, ma gli interessi di potere (“una sola parola vorrei dire per chiarire: quando parlo di guerra intendo guerra sul serio, non di guerra di religione. Parlo di guerre di interessi, per soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli, non parlo di guerra di religione. Le religioni, tutte le religioni, vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri … Il terrorismo cresce quando non c’è un’altra opzione. Ora dico qualcosa che può essere pericoloso … quando si mette al centro dell’economia mondiale il dio denaro e non l’uomo e la donna, questo è già un primo terrorismo. Hai cacciato via la meraviglia del creato e hai messo al centro il denaro. Questo è un primo terrorismo di base… pensiamoci”).
Questa posizione di Francesco mi sembra più dialogante e critica del sogno di Ourghi, espresso nella sua pagina Facebook in questo modo: ” Sogno la stabilizzazione di un islam moderno ed umanistico nella mia patria tedesca. Un islam che si rispetta e che rispetta a sua volta gli ebrei, i cristiani e gli atei, insomma tutti gli uomini, qualsivoglia fede essi abbiano. Sogno di un Dio che unisce tutti gli uomini. Il mio Dio è convinto che non c’è una comunità migliore, che non ci sono graduazioni. Il mio Dio è il Dio dell’amore, della tolleranza e della pace eterna. Noi musulmani dobbiamo finalmente riconciliarci con la libertà, in modo da potere noi e gli altri vivere in pace”.