La scarcerazione di Ahmed Abdallah, consulente della famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto tra gennaio e febbraio scorsi, ha rappresentato un importante passo avanti nella vicenda. Formalmente arrestato lo scorso 25 aprile per attività sovversiva e partecipazione a manifestazione non autorizzata, il suo fermo fu rinnovato mese dopo mese, come rivela La Stampa. Al medesimo quotidiano, lo scorso maggio Abdallah raccontò che spesso gli ricordavano come la sua presenza in carcere fosse in realtà dovuta al suo impegno nel caso Giulio Regeni. Dopo la sua scarcerazione, a La Stampa ha raccontato: “Ho avuto fortissime pressioni psicologiche e per settimane ho condiviso una cella di pochissimi metri quadrati con altre 13 persone. Mi hanno picchiato una sola volta, un mese fa, quando volevano che consegnassi loro il mio iPhone […] Poi di colpo, la settimana scorsa, mi hanno trasferito in isolamento, stavo seduto sul pavimento, non avevo nulla tranne una t-shirt. E lì, altrettanto a sorpresa, mi hanno annunciato che mi liberavano”. L’uomo tornato libero ha spiegato di essere certo del fatto che la sua vicenda giudiziaria fosse interamente politica. “Mi hanno preso per Regeni”, ha dichiarato. “I poliziotti dell’ultima prigione in cui sono stato in isolamento non sapevano neppure cosa facessi o di cosa fossi presidente, menzionavano solo Regeni, esattamente come i talk show sul caso sulle tv governative”.
Dopo settimane di silenzio, sono giorni di importanti novità, questi, nel caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto in Egitto in condizioni ancora poco chiare ma drammatiche. Mentre gli inquirenti egiziani e quelli italiani si incontravano nei giorni scorsi a Roma per fare il punto della situazione sul caso – con l’ammissione di un’indagine durata tre giorni a carico dello stesso Giulio Regeni prima che morisse -, in Egitto veniva scarcerato Ahmed Abdallah, consulente della famiglia del ricercatore ucciso. Come rivela Il Gazzettino, a confermare la notizia sono stati gli stessi colleghi del presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecfr) precisando che il rilascio è avvenuto in seguito al deposito di una cauzione. Il consulente della famiglia Regeni era in carcere dallo scorso 25 aprile, accusato formalmente di attività sovversive e partecipazione a manifestazione non autorizzata. La sua scarcerazione è stata accolta con grande sorpresa anche alla luce della evidente accelerazione che ha avuto in caso Giulio Regeni soprattutto nei giorni scorsi.
Il caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano trovato senza vita in Egitto lo scorso 3 febbraio, continua ad essere centrale nelle pagine di cronaca internazionali. Si tratta di un caso complesso che ha visto nel corso della passata settimana alcune importanti novità in seguito all’incontro avvenuto nella Capitale tra il procuratore generale dell’Egitto, Nabeel Sadek, ed il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone. Un appuntamento che ha avuto come fine quello di fare luce su un giallo dai contorni ancora oscuri e che di recente ha fatto emergere ulteriori retroscena shock trapelati dall’autopsia italiana compiuta sul corpo del povero Giulio Regeni. Come evidenzia Il Mattino online, quanto emerso avrebbe dell’inquietante: il corpo del giovane studente morto al Cairo avrebbe evidenziato la presenza di incisioni e ferite raccapriccianti somiglianti a vere e proprie lettere e segni realizzati in più punti utilizzando il corpo di Giulio “come una sorta di lavagna”. Tornando all’appuntamento che si è tenuto nei giorni scorsi da parte dei due uffici, questo è servito “a proseguire nello scambio di atti e informazioni al fine di pervenire all’obiettivo comune e cioè accertare la verità sulla morte di Giulio Regeni”. E’ quanto si legge nel comunicato ufficiale reso noto nelle scorse ore. L’attenzione si è concentrata in particolare sull’esame del traffico delle celle vicine all’area in cui Giulio Regeni fece perdere le sue tracce il 25 gennaio scorso per poi essere ritrovato senza vita diversi giorni dopo. In merito, secondo quanto emerso dal comunicato congiunto relativo alle informazioni in mano al procuratore egiziano, sarebbero in corso ulteriori accertamenti in particolare sui soggetti le cui utenze risultano presenti in entrambe le zone. La notizia più interessante dell’incontro avuto nella Capitale, tuttavia, riguarda un altro aspetto: la polizia egiziana indagò su Giulio Regeni prima della sua morte. “La Polizia del Cairo, in data 7 gennaio 2016, ha ricevuto dal Capo del sindacato indipendente dei rivenditori ambulanti un esposto su Giulio Regeni a seguito del quale la Polizia ha eseguito accertamenti sull’attività dello stesso”, si legge nella nota. Le indagini sul ricercatore italiano durarono esattamente tre giorni, al termine dei quali cessarono in assenza di “attività di interesse per la sicurezza nazionale”. Il procuratore dell’Egitto ha infine espresso la sua disponibilità ad incontrare prossimamente i genitori di Giulio Regeni. La medesima volontà, come reso noto da Radio Vaticana, è stata ribadita successivamente anche dai genitori del ragazzo ucciso in circostanze ancora poco chiare.