Sabato 10 mattino, quando dal sagrato della Basilica di San Pietro ha visto Papa Francesco scendere verso la sua Laura, per abbracciarla e salutarla, Nino Salafia non ha potuto trattenere le lacrime. I suoi occhi sono presto divenuti raggianti per la commozione, come non avveniva da lunghissimo tempo.
Nino Salafia, quasi 80 anni, è un siciliano di poche parole. Dal 2010, da quando capitò l'”incidente” che coinvolse sua figlia Laura, vive silente al fianco della giovane donna costretta a stare a letto o in carrozzella senza essere più padrona del proprio corpo dal collo in giù. Sempre pronto a cogliere qualsiasi cenno della figlia e a rispondere a ogni suo bisogno, ha vissuto il viaggio a Roma come un pellegrinaggio della rinascita.
Laura lo desiderava da tempo. A giugno scorso, in occasione del suo 40esimo compleanno, festeggiato assieme a quello di un’amica con una festa nella terrazza del Museo Diocesano di Catania, Laura aveva espresso un desiderio all’apparenza di difficile attuazione: andare a Roma per il giubileo e incontrare il Papa. Ora che quel desiderio si avverava poco contavano i sacrifici del viaggio, la sveglia all’alba, la difficoltà di raggiungere Piazza San Pietro, le circostanze che sembravano remare contro. Ma la determinazione di Laura, dava coraggio anche a lui e a mamma Enza.
Anche in questa occasione papà Nino ha parlato soprattutto con gli occhi. Malinconici la sera prima dell’evento di Piazza San Pietro per la fatica che scorgeva sul corpo di Laura. Preoccupati durante il lungo tragitto dalla struttura del pernottamento a San Pietro, per il ritardo che rischiava di far saltare tutto. Sfavillanti dopo l’incontro con Francesco e la visita alla Basilica di San Pietro.
Per 30 anni papà Nino ha svolto il lavoro di operaio: caposquadra alla Montedison di Priolo. “Ma la fatica del lavoro non è paragonabile — racconta — a ciò che mia moglie e io abbiamo dovuto portare negli ultimi sei anni.
Il primo luglio 2010 una telefonata ha cambiato la vita di Nino ed Enza Salafia. “Presto, venite a Catania, vostra figlia è in rianimazione”. Da quel giorno Nino e la moglie Enza hanno detto addio alla vita tranquilla di paese a Sortino, nel Siracusano, alle passeggiate con gli amici, alle domeniche in campagna, e si sono imbarcati in un’avventura dai contorni imprevedibili. Per loro è cominciata un’esistenza sul filo del rasoio, attendendo e pregando. Prima perché Laura potesse superare positivamente la prova della rianimazione, dove una pallottola vagante l’aveva portata proprio nel giorno che doveva essere di festa per il felice esito di un esame universitario. Poi i lunghi mesi della riabilitazione al centro specializzato di Montecatone, nei pressi di Imola. Quindi il trasferimento all’Unità spinale dell’Ospedale Cannizzaro di Catania. E papà Nino sempre lì, con Enza, accanto alla figlia. A vegliare e offrire assistenza.
In quel periodo le suore di clausura di San Benedetto hanno deciso di “adottare” la coppia di Sortino e di accoglierla nella propria foresteria. Fu allora che gli occhi di Nino cominciarono a illuminarsi per la commozione e a guardare Catania come una seconda patria. Per quasi un anno la coppia ha vissuto la vita del monastero. Di giorno in ospedale, al fianco di Laura, la sera in convento.
Finalmente è arrivato un altro passo importante per Laura e la sua famiglia: le dimissioni dall’ospedale e il trasferimento in una casa attrezzata messa a disposizione dal Comune.
E mentre papà Nino continuava a risolvere problemi o a cercare aiuto presso amici, con meraviglia il pensionato di Sortino ha scoperto che Laura non si era arresa. E la sentiva, mentre diceva agli amici: “Il mio corpo è pieno di limiti, ma nessun limite ferma il mio desiderio di gustare ogni momento dell’esistenza”. Così, osservando discretamente la figlia, ha visto che ella ha cominciato a rivivere, pur tra mille problemi e difficoltà. E, cosa ancora più strana, ha visto che tanti cercavano, e trovavano, conforto in lei. Ha osservato Laura allacciare nuove amicizie. Con coetanee, per esempio. E poi con i volontari e i bambini dell’associazione Cappuccini, che appena possono, vanno a incontrarla. A Roma c’erano anche loro.
Così quella sensazione di essere un “carcerato” — “da 6 anni, ci ha confidato la sera prima dell’incontro col Papa, siamo stati privi di qualsiasi libertà, con la campagna abbandonata, il paese natio lontano” — a poco a poco è diventata una tenue possibilità di un bene diverso. “Ad agosto, quando tramite il parroco della Cattedrale di Catania ci è arrivata la risposta positiva del Vaticano all’incontro col Papa tutto ha cominciato a prendere un’altra piega”. L’incontro è avvenuto il 10 settembre. “Chi lo doveva dire che questo evento — commenta il signor Nino — doveva accadere proprio nel giorno di Santa Sofia la patrona del nostro paese, Sortino”. Un segno. “Coraggio, non mollare”, ha detto Papa Francesco a Laura, mentre s’inchinava per abbracciarla. E quell’invito è arrivato fino a papà Nino, che, “carcerato per amore paterno”, ha avvertito quelle parole come rivolte a sé. “Forza Nino, non mollare”, ripeteva nella sua mente sabato scorso mentre a pranzo, con Laura e i suoi amici, rifletteva su quello che era appena accaduto. E con gli occhi a tutti diceva: grazie.