Stasera mentre cenavo con i miei figli non riuscivo a non pensarci. Ce la farà Alex a bissare fino in fondo il successo di Londra 2012? A conquistare la seconda medaglia d’oro che insieme a quella d’argento della gara in linea avrebbe portato questo “ragazzo” di Castel Maggiore a centrare l’ennesima sfida della sua vita? In cuor mio ci speravo. Consapevole che la sua determinazione, preparazione e voglia fossero, come sempre, inarrestabili ma anche conscia che gli avversari e il tempo che passa avrebbero giocato un ruolo. 

No. Non con lui. Non con Alessandro Zanardi. Alex per gli amici. Perché lui il tempo lo ha fermato il 15 settembre del 2001 quando sul circuito del Lausitzring perse entrambi gli arti inferiori in un terrificante incidente in formula Cart (dove ha vinto due titoli conquistando il pubblico americano con sorpassi leggendari come quello al “cavatappi” di Laguna Seca) quando era in testa alla gara. Un impatto devastante con la vettura di Alex Tagliani. Il volo in elicottero verso l’ospedale dopo aver già ricevuto l’estrema unzione. Un litro di sangue nel suo corpo e sette arresti cardiaci. Come racconta lui, la Nasa ha ritirato i parametri di sopravvivenza umana sul suo caso. Sei settimane e quindici interventi più tardi, Alex lasciava l’ospedale per ricominciare una nuova vita. Se possibile, ancora più entusiasmante. 

Da quel momento diventa per tutti un riferimento assoluto, “a metà tra Raffaella Carrà e Padre Pio” come gli ho sentito dire tante volte. Popolarissimo da un lato, quasi miracoloso dall’altro. Ha sempre un sorriso e una parola per tutti. Si ferma infinite volte a fare foto, a raccontare storie e a ridere con chiunque abbia voglia di percorrere anche un piccolo tratto di strada al suo fianco. In tutti questi anni che ho avuto la fortuna di condividere con lui, ho ascoltato tanti aneddoti, tante parole di vita che ti fanno capire come sia esattamente come lo vedi: una forza della natura. 

“Quando mi sono risvegliato dal coma e ho visto mia moglie Daniela accanto a me — ha raccontato una volta — una delle prime cose che le ho detto è stata: avrei voglia di bere una birra. Ora dovete sapere che prima che facessi l’incidente, la birra era una cosa che non mi piaceva proprio. E infatti Daniela mi disse: ma cosa dici, non l’hai mai bevuta! Beh, sapete, da allora la bevo spesso e mi piace da morire. Ho sempre attribuito questo cambiamento alle trasfusioni di sangue che mi hanno fatto all’ospedale di Berlino. Con tutto il sangue tedesco che mi hanno iniettato, è normale che la adori!”.  

Di storie come questa, se passi una giornata con lui, ne senti un’infinità. E ti fanno stare bene perché danno una dimensione umana a un personaggio che, per tutti, ha qualcosa di speciale. Direi quasi di soprannaturale. Poco prima che partisse per l’ultimo raduno paralimpico con la nazionale ci siamo sentiti, mentre stava trascorrendo un periodo di preparazione, ma anche di relax, all’Isola d’Elba. Ad un certo punto della chiacchierata mi ha fulminato. “Sai che ho scoperto una cosa interessantissima qui sull’isola? E dire che ci vengo da un sacco di tempo! C’è una gara che quest’anno non posso fare per le Olimpiadi, ma l’anno prossimo non posso mancare. Si chiama ‘tagliagambe’, è la mia corsa!”. 

Ogni volta che spara una di queste battute, mi travolge. Mi aiuta a capire che davvero, come sostiene lui, i limiti sono soltanto quelli che ci imponiamo da soli. Che volendo raggiungere un traguardo, con costanza, preparazione, testa e cuore ci si può arrivare. E il traguardo non è necessariamente la vittoria finale, ma l’aver compreso, lungo il cammino, di essere in grado di tentare l’impresa. Poi la vita sa fare il resto. Alex è diventato un campione di handbike per un incontro fortuito in una piazzola di un Autogrill. È’ qui che si è “scontrato” con Vittorio Podestà (un altro fuoriclasse incredibile) e da una possibile contesa per lo spazio di parcheggio dei disabili è nata una grande amicizia e soprattutto la passione di Zanardi per la handbike. “Quando ha visto la bicicletta sulla mia auto — racconta Vittorio — mi ha subito chiesto cosa fosse. E quando gli ho detto che secondo me avrebbe dovuto provarla perché poteva appassionarsi, mi disse che ci avrebbe pensato. Poi un giorno, tanti mesi dopo, ricevetti una telefonata. Aveva deciso di correre la maratona di New York. Gli dissi che con un anno di preparazione avrebbe fatto una grande prestazione. Mi disse: ti ringrazio, ma io la corro tra poco più di tre mesi. Pensavo fosse matto. Era il 2007 e arrivò quarto!”. Nel 2009 quella maratona la vinse e il palmares di gare e campionati conquistati da allora è davvero impressionante. Il prossimo 23 ottobre taglierà (come piacerebbe dire a lui con il sorriso) il traguardo dei 50 anni. E di cose da fare ne ha ancora moltissime. 

Tutti questi pensieri si affollavano nella mia mente, quando è arrivato il messaggio di un amico che lo segue da vicino: “Ha vinto l’oro nella staffetta. Ha eguagliato Londra”.  Mi sono sentita felice. Poi ho letto le sue prime dichiarazioni. “Se ci saremo a Tokyo 2020? Certo, che domande”. Il tempo non passa per Alex da Castel Maggiore. Continua a farci sognare, campione!