Ancora polemiche dopo l’eutanasia applicata sul minorenne in Belgio che costituisce il primo caso di “dolce morte” al mondo. Sebbene la legge fiamminga imponga una forma di consenso da parte del giovane prima dell’eutanasia, a detta di Elio Sgreccia, fondatore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica e presidente emerito della Pontificia Accademica per la vita, intervistato da La Stampa, è proprio questa l’aggravante di ciò che definisce un “omicidio”:”In Belgio si è verificata la mistificazione di far credere al minore che si sia agito per recargli sollievo. La condotta delle autorità costituisce un abuso su un minore e un vergognoso raggiro”. A detta di Sgreccia “il parere aggiuntivo chiesto a un minore camuffa di falso rispetto quello che è un autentico abuso. Si applica la stessa formula che autorizza il ricorso alle cure. Come se dare la morte fosse una terapia. Un mostro giuridico senza eguali. Il passo verso il baratro etico e legislativo è stato quello di far passare un anno fa per consenso alla cura quello che in realtà è un consenso alla morte. A quel punto era già palese che non ci sarebbero più stati argini a questa atroce barbarie”.



-In tutto il mondo si continua a parlare dell’eutanasia sul minorenne del Belgio, primo caso al mondo di applicazione di “dolce morte” su un giovane di età inferiore ai 18 anni. Al coro di polemiche sollevatosi da più parti ha risposto, come riportato dalla Reuters, Wim Distelmans, direttore del Centro di controllo dell’eutanasia fiammingo, secondo cui “il minore soffriva di dolori fisici insopportabili. I dottori hanno usato dei sedativi per indurre il coma come parte del processo”. Non è ancora stato svelato il sesso del minore al quale è stata praticata l’eutanasia ma è stata rivelata l’età del giovane: diciassette anni. Basterà la consapevolezza del dolore insopportabile provato dal minore e la sua età quasi adulta a sedare le polemiche scaturite da questa controversa decisione?



Un vero vaso di Pandora, quello aperto dalla notizia dell’eutanasia su un bambino in Belgio. Tragedie che lasciano il segno e di cui spesso non si vuole sentire parlare, capaci di smuovere il mondo. E’ appunto questo che sta succedendo con la notizia della prima eutanasia su un bambino, praticata in Belgio in questi giorni. Una vicenda che ha sollevato numerose polemiche, specie dal mondo cattolico. Fra tutte le voci si solleva anche quella di Corrado Cecchetti, il responsabile dell’Area Rossa dell’ospedale Bambino Gesù, uno spazio dedicato alla rianimazione ed all’assistenza dei baby pazienti in stadio terminale. “Ogni bambino, anche quando non è guaribile, è curabile”, spiega al Quotidiano.net il medico, “ma serve un approccio palliativo vero, un controllo della sofferenza che deve essere totale”. La prima cosa da fare in caso di malattie allo stadio terminale, come tumori o ictus, è cercare di eliminare il fattore dolore. Il problema viene tenuto sotto stretto controllo da diversi specialisti e solo come ultima possibilità si ricorre alla sedazione palliativa, che accompagna i pazienti verso la morte. Cecchetti ha inoltre sottolineato il modo diverso di gestire la fine della vita da parte dei baby pazienti, rispetto al mondo degli adulti. I bambini negli ultimi istanti, chiedono spesso di poter fare le cose più semplici, come giocare o tornare a casa. Ricercano quindi quella vita “normale” che non hanno più da tempo.



Come ampiamente annunciato, la notizia del bambino al quale è stata praticata l’eutanasia in Belgio ha sollevato un coro di polemiche anche in Italia, provenienti soprattutto dai segmenti cattolici. Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, ad esporsi è stata perfino la CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, che per bocca del suo presidente Angelo Bagnasco ha condannato l’accaduto senza se e senza ma:”La notizia ci addolora e ci preoccupa: la vita è sacra e deve essere accolta, sempre, anche quando questo richiede un grande impegno”. Il caso, ha affermato il cardinale, “ci addolora come cristiani ma ci addolora anche come persone. Tutte le persone che credono nella sacralità della vita, tutte, non solo i credenti ma anche chi dà un valore alla vita in senso laico diano testimonianza concreta di questo, di amore verso la vita”.

La legge che ha consentito di praticare per la prima volta al mondo l’eutanasia ad un bimbo in Belgio non è la sola a prevedere la “dolce morte” per i minorenni. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, anche in Olanda i bambini con più di 12 anni possono optare per l’eutanasia se malati terminali, ma questa scelta finora non è mai stata adottata da nessuno. Intanto il presidente della Commissione federale sul controllo e la valutazione della pratica, Wim Distelmans, ha chiarito che quello del bambino belga è un caso estremamente eccezionale:”Esistono fortunatamente pochi pazienti di questo tipo ma ciò non significa che abbiamo il diritto di negare loro il diritto ad una morte dignitosa”. L’approvazione della legge in Belgio, un paese con una forte tradizione cattolica, due anni fa aveva suscitato aspre polemiche da un’ampia fetta dell’opinione pubblica.

E’ il primo caso al mondo di eutanasia su un bambino quello avvenuto in Belgio. La notizie è stata data dal quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad, come riferisce l’agenzia di stampa Ansa. Non sono stati specificati dettagli, né sull’età né sulla malattia del bambino che è stato sottoposto a eutanasia. In Belgio nel 2014 è stata approvata una legge che consente ai genitori di scegliere la “dolce morte” per i figli malati terminali: per effettuare l’eutanasia la legge impone l’autorizzazione del Dipartimento di controllo federale e valutazione dell’eutanasia e una forma di consenso da parte del minore. Del caso di eutanasia sul bambino si sa solo che è avvenuta nelle Fiandre “nella più assoluta discrezione”. Contrastanti i primi commenti sulla vicenda. 
Per Marco Cappato, promotore della campagna ‘Eutanasia legale’ e presidente Radicali italiani, come 
riporta La Repubblica “il Belgio è il primo Paese al mondo a non girare la testa dall’altra parte di fronte alle 
condizioni di sofferenza insopportabile che possono colpire anche persone minori”. Mentre Maria 
Antonietta Farina, presidente dell’Istituto Luca Coscioni, sottolinea che “la volontà del familiare non può e 
non deve essere prevalente rispetto a quella del minore. Non è sufficiente per procedere all’atto eutanasico”.