“Di fronte al rischio sismico i cittadini sono stati lasciati soli. Mettere in sicurezza un edificio comporta costi che possono arrivare anche fino a 300-350 euro al metro quadro. Un proprietario privato non è detto che possa permettersi di fare questo investimento: se lo Stato non lo aiuta potrebbe banalmente non avere i soldi per farlo”. Lo afferma il professor Gianpaolo Rosati, direttore del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano. Dopo il terremoto del 24 agosto, sono state sollevate numerose polemiche sul fatto che gli edifici non fossero a norma antisismica.
Professore, che cosa occorreva fare per rispettare le norme esistenti?
Su questo dobbiamo operare una distinzione. Da un lato abbiamo le norme di progetto, che servono per progettare i nuovi edifici e verificare quelli nuovi. Poi ci sono le norme di prodotto, che permettono di riconoscere l’affidabilità di un materiale per le applicazioni che noi vogliamo fare in campo edilizio.
Le leggi sono nazionali o comunitarie?
I livelli di copertura normativa sono tre: nazionale, regionale ed europeo. Nessuno dei Paesi del Nord e Centro Europa ha il problema dei terremoti. Le nazioni più coinvolte sono invece Italia, Grecia, Spagna e Portogallo. Nelle istituzioni europee il contributo più importante alla generazione di nuove norme sulla sicurezza anti-sismica è dato proprio dagli italiani, che sono all’avanguardia proprio in questo tipo di conoscenze. Da un punto di vista normativo siamo dunque completamente coperti. Le norme ci sono, si tratta di utilizzarle per la valutazione della sicurezza sismica. In particolare le norme tecniche per le costruzioni del 2008 hanno considerato l’intero territorio italiano come sismico, sia pure con gradi diversi. Anche Milano per esempio è stato riclassificato come sismico.
Come si attua una verifica di sicurezza sismica?
La verifica di sicurezza deve essere attuata da consulenti tecnici specializzati. Per eseguire la verifica è necessario attuare una simulazione computerizzata dell’edificio di nostro interesse. Sono dunque necessarie le competenze di un ingegnere strutturale, ma non bastano in quanto l’edificio non è un oggetto isolato ma interagisce con il terreno e il territorio, e quindi sono necessarie anche le informazioni geologiche. La verifica sugli edifici già esistenti richiede inoltre una conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei materiali che lo compongono.
Come si ottengono queste informazioni?
Attraverso degli esami di laboratorio, che oltre a essere costosi in alcuni casi possono essere abbastanza distruttivi. Bisogna compiere infatti i carotaggi delle murature e andare a cercare la struttura che resiste al sisma. Una volta che si sono ottenute tutte queste informazioni, attraverso la simulazione computerizzata il tecnico è ragionevolmente in grado di dire se l’edificio sia o meno sicuro per la sollecitazione sismica prevista in quella zona.
Qual è il passo successivo?
Se la conclusione è che l’edificio non è sicuro, non si potrà utilizzare e sarà dichiarato inagibile. Bisogna quindi passare a un progetto di rinforzo dell’edificio per renderlo sicuro.
Noi italiani abbiamo le competenze per realizzarlo?
Anche in questo noi italiani siamo all’avanguardia dal punto di vista della conoscenza e della ricerca. L’aspetto più grave è quindi il fattore umano, cioè la coscienza civile. E’ questo che manca sempre, e poi soprattutto i cittadini sono lasciati soli. Attuare una verifica e poi l’eventuale successivo progetto di rinforzo è piuttosto costoso, si può arrivare anche a 300-350 euro al metro quadro. Un proprietario privato non è detto che possa permettersi di investire tanti soldi. Se lo Stato non lo aiuta potrebbe banalmente non avere i fondi per farlo.
Per Vittorio Cioni, responsabile dei lavori alla scuola crollata ad Amatrice, “l’adeguamento al 100% sarebbe l’ideale. Ma è costosissimo, infatti non lo fa nessuno” …
Da questo punto di vista c’è un problema morale. Gli edifici si dividono infatti in due categorie. Da un lato ci sono le abitazioni civili che hanno una vita utile di progetto prevista pari a 50 anni. Per questi edifici si potrebbe accettare una situazione meno sicura, nel senso che il terremoto previsto più gravoso danneggia l’edificio ma consente alle persone di rimanere incolumi. Viceversa c’è una serie di edifici cosiddetti “strategici”, che hanno una vita di progetto di cento anni, e che dovrebbero servire proprio nell’emergenza.
Di quali edifici si tratta?
In particolare mi riferisco a ospedali, ponti e scuole. Questi edifici è necessario che siano sicuri, perché se sono fortemente danneggiati non consentono più di garantire la gestione dell’emergenza post terremoto. Dire quindi che “l’adeguamento al 100% è costosissimo” è una frase che non si deve e non si può dire, perché non si può dare un prezzo alla sicurezza.
(Pietro Vernizzi)