La paura principale per gli italiani rapiti in Libia in queste ore è che vengano ceduti a qualche gruppo jihadista molto più grande della piccola milizia che avrebbe rapito Danilo Calonego e Bruno Cacace. I criminali sono del luogo, ormai sembra confermato da più fonti, ma il problema è che se non si arriva ad un accordo per la liberazione, i nostri connazionali potrebbe essere venduti verso altri gruppi molto più grandi che potrebbero avere interesse nel sequestrare civili italiani per rivendicazioni e minacce contro la nostra presenza in terra libica. La mente corre all’Isis, al Califfato che è ancora presente in Libia e che non fa dormire sonni tranquilli alla Farnesina e soprattutto alle famiglie Cacace e Calonego. Il ministero degli Esteri prosegue con gli appelli al massimo riserbo da parte di tutti perché la situazione è in una “fase sempre più delicatissima”. La cooperazione del governo di Tripoli e dei servizi segreti del Copasir stanno cercando di mettere insieme tutte le informazioni pervenute per evitare il peggio, ovvero l’ennesimo dramma in terra straniera con innocenti operai che stavano compiendo solo il loro lavoro.
Mentre si cercano ancora gli italiani rapiti in Libia ieri mattina, la Farnesina manda un memorandum a tutte le aziende italiane che lavorano nel Paese africano di potersi dotare di misure di sicurezza adeguate: i due operai Bruno Cacace e Danilo Calonego erano infatti dipendenti della Conicos e stavano concludendo il loro ultimo turno di lavoro in Libia quando sono stati rapiti, in una vicenda ancora con troppi spazi oscuri. «Per ogni società italiana che opera in Libia, noi li esortiamo a dotarsi di un sistema di sicurezza: la Libia è un Paese da noi sconsigliato e si capisce anche che queste imprese hanno interesse a farlo», ha riferito in una nota il capo dell’unità di crisi Farnesina, Claudio Taffuri all’Ansa. La precisazione della Farnesina avviene qualche ora più tardi quando viene riferito sempre da Taffuri “è una cosa che loro possono fare in completa autonomia decisionale”.
A Bruno Cacace e Danilo Calonego, i due italiani rapiti in Libia, è stata tolta la scorta armata che sempre avevano avuto nei loro spostamenti, pochi giorni prima del sequestro che in queste ore tiene in ansia tutto il Paese. Lo riferiscono a “La Repubblica”, fonti vicini alla Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì, l’azienda di cui fanno parte i nostri connazionali e il terzo ostaggio di origine canadese. Sempre la stessa fonte ha raccontato a La Repubblica che “non si capisce il motivo per cui si sia deciso di togliere l’appoggio di guardie armate ai tecnici, ma sembra che la scelta sia stata fatta perché la zona veniva ormai ritenuta sicura”. Una considerazione, questa, che si scontra con le informazioni ottenute dall’Ansa, secondo cui la zona del rapimento è ben nota all’intelligence e viene ritenuta un’area in cui imperversano “tribù tuareg e trafficanti di ogni tipo” e dove non sono nuove “infiltrazioni jihadiste”.
Mentre ancora non si hanno novità sulla liberazione eventuale degli italiani rapiti in Libia, i due operai della Conicos Danilo Calonego e Bruno Cacace, la Farnesina in contatto con il governo di Tripoli sta cercando di mettere a punto la strategia giusta per seguire e contattare i presunti rapitori. Stando a quanto filtra dall’Ansa, quello di ieri mattina doveva essere un rapimento lampo, con pagamento immediato del riscatto e liberazione: così però non è stato e ora il cerchio si è allargato su altre possibili ipotesi. Il rilascio degli ostaggi non è avvenuto e a livello pubblico non è stato reso noto alcuna richiesta di riscatto da parte dei criminali che hanno rapito i nostri connazionali nel sud della Libia. Fase delicatissima dunque per le indagini con il riserbo della Farnesina e dei servizi segreti che al momento sono al lavoro per provare a riportare a casa i due dipendenti dell’aeroporto di Ghat.
I due italiani rapiti in Libia insieme al collega canadese, tutti dipendenti della Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì, dovevano far parte di un sequestro lampo che sarebbe dovuto concludersi con un pagamento di riscatto immediato con successivo rilascio degli ostaggi. Questa è l’ipotesi formulata da chi sta esaminando il caso riportata dall’Ansa, secondo cui con il passare delle ore aumenta in maniera esponenziale il rischio che gli ostaggi vengano venduti a qualche gruppo fondamentalista disposto a pagare un buon prezzo pur di mandare un segnale forte all’Italia e all’Occidente tutto. Sebbene la vicenda passata degli operai sequestrati dalla Bonatti sia la prova che non esiste garanzia di rilascio in situazioni del genere, il fatto che ad aver sequestrato Bruno Cacace e Danilo Calonego sia stato un gruppo di fuorilegge comune, come confermato dal sindaco di Ghat lascia coltivare qualche speranza in più sul felice esito della trattativa. E proprio questo è il punto-chiave della vicenda in queste ore di attesa: l’Aise, il servizio segreto estero della Repubblica Italiana, sta cercando di attivarsi con i suoi contatti locali per imbastire una trattativa con i sequestratori cercando di coinvolgere anche l’azienda Conicos che in Libia ha diversi uffici.
Purtroppo grandi novità sugli italiani in Libia ancora non ce ne sono dopo 24 ore di sequestro che ha costretto Danilo Calonego e Bruno Cacace assieme ad un collega operaio canadese ad attimi di terrore prima di sparire nel mistero. Un gruppo di criminali nel su della Libia sembrano al momento i responsabili più ipotizzabili con le informazioni filtrate dal Paese sotto guerra civile, ma proprio per la complessità di quell’area – addirittura vicino al confine con l’Algeria, un altro Paese sotto grossi problemi di ordine interno – al momento non è prudente azzardare strade certe. Il significato del report ultimo ella Farnesina è proprio questo, con le parole del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che vanno in questa direzione: «Seguiamo il caso minuto per minuto da ieri mattina. L’Unità di Crisi della Farnesina è in contatto con le famiglie. Al momento non ci sono indicazioni ed è troppo presto per attribuire una matrice precisa ai sequestratori». L’aeroporto di Ghat dove lavoravano i tre operai e dove sono stati rapiti era un punto evidentemente sotto obiettivo di molte forze criminali libiche, da non escludersi ancora la strada dell’Isis. La zona è sotto controllo dell’unità nazionale di Tripoli ma questo ancora non basta per capire chi siano e cosa vogliano i rapitori dal sequestro dei nostri due italiani connazionali sequestrati.
-È una vera e propria corsa contro il tempo quella per salvare i due italiani rapiti in Libia. Come riportato da Il Corriere della Sera, infatti, il timore maggiore della Farnesina è che Bruno Cacace e Danilo Calonego, i due lavoratori della Con.I.Cos sequestrati all’alba di ieri da un gruppo di fuorilegge insieme ad un collega di un’altra azienda di origine italo-canadese, possano essere presto venduti alle milizie jihadiste presenti sul territorio libico in cambio di un facile guadagno. Non è però del tutto esclusa l’ipotesi che in realtà a pianificare e a compiere il rapimento siano stati in realtà dei gruppi fondamentalisti islamici, desiderosi di lanciare un chiaro segnale all’Occidente, ritenuto invasore del suolo libico a partire dalla destituzione del Rais Gheddafi. Sono ore di attesa e di angoscia per cercare di capire quale sarà il destino dei connazionali rapiti in Libia: la speranza principale, al momento, è che non finiscano nelle mani dei tagliagole dell’Isis.
La situazione sugli italiani rapiti in Libia è assai delicata, conferma la Farnesina questa mattina: le ricerche son in atto e soprattutto si sta cercando di capire quali gruppi criminali possano aver prelevato Bruno Cacace e Danilo Calonego, gli operai della Con.I.Cos prelevati assieme ad un collega canadese ieri mattina. Al momento, dalle ultime notizie che arrivano dai media locali libici – gli stessi che hanno dato la notizia confermata dalla Farnesina del rapimento dei nostri due connazionali – sembra sia del tutto esclusa la pista che porta ad Al Qaeda, mentre ovviamente restano aperte tutte le altre piste, Isis compresa. Al momento comunque il ministro degli Esteri lavora con massimo riserbo, giustamente in questi casi, anche se filtra da Lybia Herald come sia altamente probabile che i rapitori possano essere un piccolo gruppo di criminali locali. Resta il dramma della famiglia che in queste ore è stata raggiunta dalla notizia e sono in contatto con la Farnesina per tutte le eventuali novità.
Bruno Cacace e Danilo Calonego, i due italiani rapiti in Libia insieme ad un collega italo-canadese, sono stati tratti in inganno dai loro sequestratori, prima di essere presi in ostaggio. Ne è convinta La Stampa, che nel ricostruire la dinamica del rapimento sottolinea come questo sia avvenuto in realtà all’alba di ieri, a dispetto dell’annuncio della Farnesina giunto soltanto a sera. I due italiani rapiti in Libia si stavano dirigendo verso la sede della loro azienda, nella località di Bir Tahala, ad alcune decine di chilometri a Nord di Ghat, trasportando con loro un italo-canadese di un’altra azienda che aveva chiesto loro un passaggio, quando ad un certo punto hanno visto un 4×4 fermo sul percorso, con degli uomini appoggiati al fuoristrada, come se questo avesse subito un guasto. A questo punto gli italiani hanno rallentato, probabilmente per prestare soccorso, senza sapere però che di lì a poco gli uomini del fuoristrada avrebbero tirato fuori le armi per costringerli a montare sul 4×4. Con l’inganno, dunque, ha avuto inizio un incubo che si spera abbia presto fine.
Ancora nessuna rivendicazione per i due italiani rapiti in Libia, assieme ad un canadese. Per ora rimangono incerte le notizie certe su quanto avvenuto, anche se fonti locali, sottolinea La Repubblica, hanno riferito che le tre vittime sarebbero state avvicinate da una 4×4 con a bordo un gruppo armato. I tre ostaggi si dirigevano in quel momento verso l’aeroporto di Ghat e secondo un testimone, uno dei criminali avrebbe puntato la pistola contro l’autista. Non è chiaro per ora se l’uomo sia rimasto ferito o no. Secondo altri testimoni, sarebbero due le auto ad aver circondato i tre uomini e sono stati prelevati “dopo aver aperto il fuoco”. Lo stesso testimone ha poi riferito che le autorità hanno ritrovato l’autista degli ostaggi in una zona desertica, con le mani legate. Attivato nel frattempo anche il Copasir, oltre che tutte le forze di Polizia, come ha fatto sapere il Sindaco di Ghat, Qawmani Mohammed Saleh. Nella giornata di domani, il Cosapir e l’ufficio di Presidenza potrebbero decidere di ascoltare Alberto Manenti, il Direttore dell’Aise per decidere il da farsi sui due italiani rapiti in Libia.
È il sito della Stampa a rivelare i nomi dei due italiani rapiti in Libia questa mattina e confermati nel pomeriggio dalla Farnesina: il ministero degli Esteri ha affermato di aver saputo subito del rapimento questa mattina presso l’aeroporto di Ghat, nel sud della Libia al confine con l’Algeria ma per precauzione e per provare a fare subito ricerca in merito ha tenuto fino al pomeriggio celata la notizia. Si tratta di Danilo Calonego di Sedico, in provincia di Belluno, e Bruno Cacace, residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), rivela La Stampa, due operai manutentori della Conicos, azienda italiana che agisce in Libia da anni e collabora alla manutenzione dell’aeroporto di Ghat, a sud del Paese. dalle prime ricostruzioni, pare che i tre operai – due italiani e un canadese – sono stati sequestrati all’alba sulla strada che portava verso il luogo di lavoro, presso un’oasi desertica nella provincia di Fezzan. Quel luogo è controllato dal governo d’Accordo Nazionale, quello riconosciuto dall’Onu: un commando armato che ancora non è dato sapere a che gruppo appartenga, ha fermato il suv e ha rapito tutti i componenti del convoglio.
Terribili notizie arrivano dalla Libia: due italiani e un canadese sono stati rapiti nel sud del Paese mentre lavoravo come manutentori all’aeroporto di Ghat, nel sud della Libia. Il fatto è stato è avvenuto questa mattina ma solo ora è stato reso pubblico dalla agenzia turca Anatolia e il sito news Libiya Herald oltre alla conferma appena arrivata dalla Farnesina. Purtroppo dunque ancora una volta lavoratori innocenti in Libia vengono rapiti, e anche questa volta da gruppi non ben precisati: il caos politico rende sempre già instabile la guerra civile in atto nel Paese dove due governi, varie tribù criminali e l’Isis si contendono un patrimonio di petrolio e gas incredibile, con gli occhi interessati ovviamente della comunità internazionale che fanno il resto. «Degli sconosciuti hanno rapito questa mattina tre lavoratori stranieri che lavorano per conto della società italiana Conicos, sulla strada che porta all’aeroporto Ghat”, oasi desertica della provincia di Fezzan nel Sud del Paese controllata dal governo d’Accordo nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite», come ha detto Qawmani Mohammed Saleh, sindaco della cittadina di Ghat citato dall’agenzia turca. Il fatto è avvenuto al confine con l’Algeria, ancora sconosciuti invece i nomi dei due italiani rapiti.