Il caso sulla morte di Gilio Regeni ha mobilitato non solo il nostro Paese ma anche molti paesi stranieri che si sono interessati con enorme partecipazione alla storia del ricercatore morto in Egitto in circostanze ancora poco chiare. Nei giorni scorsi, sulla morte dello studente friulano è intervenuto anche l’ambasciatore del Regno Unito in Italia, Jill Morris. Quest’ultimo, come riporta il sito RaiNews.it, a margine di un evento tenutosi a Firenze, in riferimento al caso che vede coinvolto l’Egitto ha commentato: “Quella di Giulio Regeni è stata veramente una tragedia: c’è molta simpatia ed empatia nel Regno Unito per la sua famiglia e per gli italiani”. A tal fine ha ricordato l’impegno del governo britannico il quale ad oggi ha sempre ribadito che farà di tutto per poter aiutare le autorità italiane a scoprire la verità su quanto accaduto al giovane in Egitto tra gennaio e febbraio scorso quando fu prima rapito e poi brutalmente torturato fino alla morte. Il caso, come rivelato sotto, sarà affrontato oggi, in seconda serata, nello speciale del Tg1 dal titolo Il corpo del reato.
Il caso di Giulio Regeni resta vivo più che mai nella speranza che la verità su quanto accaduto tra gennaio e febbraio scorsi possa finalmente emergere. A tal fine, questa sera, nell’ambito della trasmissione Il corpo del reato in onda su Rai1 in seconda serata, si tornerà a parlare del caso Regeni e di tutte le tappe che lo hanno finora caratterizzato. Nel frattempo, il ricordo del ricercatore friulano torturato fino alla morte in Egitto ed in circostanze ancora misteriose, non si spegne, come dimostrato dal lungo Art mob che si è svolto in piazza a Udine nelle passate ore. A dare la notizia è il Messaggero Veneto che riporta la richiesta dei rappresentanti del mondo culturale che si sono riuniti a otto mesi dalla sparizione misteriosa di Giulio Regeni chiedendo verità e giustizia per il giovane ricercatore barbaramente ucciso. “Continuate tutti a sostenerci e mantenete anche dopo questa serata la rete che si è costituita per Udine Art Mob. Anche questo è un modo per vigilare insieme su percorso verso la verità per Giulio”, hanno dichiarato i familiari del ragazzo, affidando il loro messaggio agli organizzatori della manifestazione.
Le tensioni fra Italia ed Egitto sono ancora forti per il caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore di 28 anni ucciso al Cairo fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 2016. Questa sera, domenica 25 settembre, Il corpo del reato approfondirà l’intera vicenda a partire dalle 23:30, tramite un’inchiesta che si concentrerà sui tre Paesi coinvolti. Lo speciale del Tg1 partirà infatti da Cambridge, il luogo in cui Regeni stava svolgendo il dottorato. Chi voleva la sua morte? Si è discusso a lungo riguardo al collegamento fra la vittima ed un movimento sindacale locale, opposto al governo di al-Sisi, ma è questa la verità? Giulio Regeni si trovava infatti al Cairo per approfondire la situazione sindacale in seguito alla rivoluzione avvenuta nel 2011. In alcuni trattati, pubblicati postumi da Il Manifesto e scritti sotto lo pseudonimo di Antonio Druis, Regeni aveva descritto quando fosse difficile e tesa l’atmosfera in Egitto.
La denuncia della scomparsa di Giulio Regeni viene fatta dall’amica Noura Wabby tramite Facebook ed aveva riferito alle autorità che Regeni dovesse incontrare alcuni amici in piazza Tahrir per festeggiare un compleanno. Il corpo viene ritrovato il 3 febbraio in un fosso della periferia della città, lungo la strada che dal Cairo porta ad Alessandria. Lo stato in cui viene ritrovato il cadavere è raccapricciante: Giulio Regeni è stato mutilato e l’autopsia rivelerà che potrebbe essere stato torturato. Sul suo corpo verranno infatti ritrovate oltre 24 fratture ossee, divise fra sette costole, gambe, scapole braccia e tutte le dita delle mani e dei piedi. Su questi ultimi ed in altre zone del corpo vengono anche rilevate numerose coltellate, probabilmente dovute all’uso di un rompighiaccio o di un attrezzo simile. Secondo il medico legale, la morte è avvenuta dopo che al ricercatore è stato spezzato il collo e che ha provocato a sua volta un’emorragia cerebrale.
La tesi sulla causa della morte di Giulio Regeni viene subito contestata al generale Khaled Shalabi, che invece l’attribuisce ad un comune incidente d’auto. Questo punto non fa che sollevare subito un polverone mediatico da parte dell’Italia e forti tensioni internazionali, tanto da dare il via a perizie separate da parte di entrambi i Paesi coinvolti. Nel marzo scorso, la relazione forense dell’Egitto stabilisce che il ricercatore è stato ucciso dopo sette giorni di torture ed interrogatori, divisi in tranche dalle 10 alle 14 ore, e la morte sarebbe avvenuta appena 10 ore prima che il suo corpo venisse ritrovato. Circa due settimane e mezzo più tardi, la Polizia egiziana uccide quattro uomini, indicati inizialmente come i possibili assassini di Giulio Regeni. Sulla scena del crimine viene infatti ritrovata una borsa rossa con il simbolo della FIGC, attribuita al ricercatore. All’interno vengono ritrovati degli oggetti di Regeni, fra cui il passaporto, il tesserino universitario e la carta di credito. Tuttavia, in un secondo momento, il Procuratore di Nuovo Cairo negherà che i quattro uomini siano effettivamente responsabili dell’omicidio di Regeni. La tesi del governo italiano mira ai servizi di sicurezza di al-Sisi, per via delle ricerche che il giovane stava facendo in quel periodo e che potrebbero aver riguardato più da vicino al-Sisi. Accuse che sono state rigettate immediatamente dal governo egiziano, che invece afferma che l’omicidio è avvenuto per mano dei Fratelli Musulmani, proprio per sollevare dell’acredine fra Egitto ed Italia.