La notizia del giorno in merito al caso di Yara Gambirasio, la tredicenne uccisa sei anni fa, avrebbe a che fare con il deposito delle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo a carico di Massimo Bossetti emessa lo scorso 1 luglio. Ciò che trapela dalle parole dei giudici, sarebbe proprio “l’animo malvagio” dell’imputato. L’aggravante della sevizia e crudeltà sottolineerebbe proprio la “crudeltà in termini soggettivi e morali di appagamento dell’istinto di arrecare dolore e di assenza di sentimenti di compassione e pietà”. È quanto scrivono i giudici della Corte d’Assise di Bergamo nelle motivazioni. Intanto, come fa sapere l’Ansa, il pm Letizia Ruggeri che ha portato avanti le indagini e ha rappresentato l’accusa, potrebbe presentare ricorso in appello contro l’assoluzione del muratore di Mapello presunto assassino di Yara Gambirasio, dall’accusa di calunnia nei confronti di un ex collega di lavoro.



Le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo a carico di Massimo Bossetti hanno evidenziato il carattere malvagio del presunto assassino di Yara Gambirasio, ed allo stesso tempo hanno spazzato via ogni dubbio in merito alle critiche sul Dna. Critiche sollevate dalla difesa dell’imputato che, dopo aver affrontato il lungo processo di primo grado è ora pronta alla nuova battaglia. Tornando alle motivazioni dei giudici della Corte d’Assise di Bergamo presieduta da Antonella Bertoja, come riporta TgCom24 hanno dedicato un ampio capitolo al Dna, considerata la prova regina e protagonista del processo di primo grado. In merito si legge nel documento di recente depositato come la presenza del profilo genetico di Massimo Bossetti sul corpo di Yara Gambirasio evidenzi di fatto la sua colpevolezza. “Tale dato, privo di qualsiasi ambiguità e insuscettibile di lettura alternativa, non è smentito né posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto e anzi è indirettamente confermato da elementi ulteriori, di valore meramente indiziante, compatibili con tale dato e tra loro”, hanno aggiunto.



Sono trascorsi quasi tre mesi dalla condanna all’ergastolo a carico di Massimo Bossetti, presunto assassino di Yara Gambirasio, giunta al termine del lungo processo di primo grado. Una condanna per certi aspetti attesa, affrontata fino alla fine del muratore di Mapello e dalla sua difesa, in attesa delle motivazioni della sentenza giunte nella giornata odierna. Secondo i giudici della Corte d’Assise di Bergamo, Yara Gambirasio avrebbe trovato la morte per mano di Massimo Bossetti, “in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora”. Lo riporta TgCom24 citando le parti più importanti delle motivazioni da parte degli stessi giudici che lo scorso 1 luglio hanno condannato Massimo Bossetti al carcere a vita. Per gli stessi giudici, l’aggravante della crudeltà sottolinea “l’animo malvagio” di Bossetti, che si evidenzia tutto nelle sevizie prevalentemente fisiche a carico della piccola vittima di appena 13 anni, uccisa il 26 novembre di sei anni fa. La Corte d’Assise ha poi voluto smentire una volta su tutte i dubbi relativi alla prova regina del Dna, smontando in questo modo uno dei pilastri della difesa di Massimo Bossetti. Per i giudici, dunque, il profilo genetico nucleare di Ignoto 1 attribuito al presunto assassino di Yara Gambirasio è “assolutamente affidabile”. E’ proprio la presenza del Dna di Bossetti a provare la sua colpevolezza. Dopo il deposito delle motivazioni, come annunciato già nelle scorse settimane, la difesa dell’imputato può iniziare a studiare le prossime mosse in vista del processo di secondo grado, in merito al quale il legale Claudio Salvagni, uno dei difensori di Massimo Bossetti, si è detto pronto a dare battaglia.

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