Non bruceremmo mai le copie del loro giornale, non ci sogneremmo mai di fare attentati per mettere a tacere con l’assassinio le loro voci. Ma come tuonava Quel Tale, un bel pugno in faccia magari sì, se fossimo tra i terremotati di Amatrice, di Arquata, se stessimo piangendo i nostri cari, se avessimo perso il 24 agosto la casa e il futuro. Charlie Hebdo però i terremotati del centro Italia non si sognano neanche di leggerlo, e se un solerte sindaco replica indignato, perché assiduo dei social, non significa affatto che il tema interessi, valga l’attenzione potenzialmente pubblicitaria.
Il celebre giornale satirico parigino è stato oggetto di un ignobile attacco terroristico un anno e mezzo fa, che ha procurato la morte al suo direttore e ai suoi giornalisti e disegnatori. Non si poteva dire a cuor leggero in quei giorni, tra i dilaganti “je suis Charlie” della rete e i fautori della libertà a tutti i costi. C’era il rischio di giustificare anche in minima parte reazioni che non sono mai giustificabili, senza se e senza ma. Neanche coi pugni, se non metaforici, si può rispondere alla stupidità. Basta farla conoscere, giudicarla, e mettere il punto.
Non perché la gente è idiota, o in malafede, o perfino malvagia possiamo tapparle la bocca, o decidere di passare al contrattacco secondo la logica dell’occhio per occhio dente per dente. Mai. Così, denigrati e offesi, i cittadini dei paesi travolti dal terremoto se ne fregano delle vignette di Charlie, e non andranno mai a tirar sassi alle finestre della sua sede. Quante copie vende? Dov’è diffuso? Perché ce ne occupiamo tanto, ad ogni stronzata che pubblica? Perché di questo si tratta. Volgarità, provocazioni, grottesco, bestemmia. Questa è libera informazione e chi obietta è un bacchettone. Tutto è lecito, secondo il verso del Sommo Poeta “libido fé licito in sua legge”. La legge della laica Francia, per cui è accettato e accettabile quel che vien deciso da pochi maîtres à penser che si propongono come gli eredi dello spirito illuminista e libertino che ha creato la Repubblica. E il Terrore, che è stato seguito da altre Repubbliche ben poco libertarie… problemi dei francesi.
Cos’ha a che fare coi lumi della ragione l’insulto pervertito e perverso, la cattiveria che ferisce appositamente, lo sputo mischiato di veleno che non solo insozza, ma uccide? Un conto la critica pur feroce a stili di vita, a modelli di comportamento che non possiamo accettare in nome di valori e diritti che costituiscono la nostra storia: la poligamia, lo stupro di spose bambine, la segregazione della donna, burka o non burka, la violenza di stato, e si potrebbe continuare aggiungendo che tra questi valori dovrebbe esserci anche la difesa della vita, dall’origine alla morte naturale, con aborti ed eutanasie compresi.
A ciascuno il suo pensiero, se è tale e non il mero stimolo del muscolo cerebrale formato e pagato per stupire e scioccare per qualche copia in più. Ma la morte tragica di 300 uomini, donne e bambini sotto le pietre e la polvere di Lazio e Marche, che centra? Era forse un attacco al nostro paese, alla legenda che lo iconizza come pasticcione e corrotto e incapace di essere Stato? E’ roba vecchia, ci chiamano maccheronì da decenni, i cugini d’Oltralpe. Spaghetti-mafia titolò qualche anno fa un noto settimanale tedesco. Ma sferzate la politica, schiaffeggiate lo Stato, non la sua gente vittima, inerme, oltraggiata.
Perché quegli uomini feriti, bruciati, ridotti a cumuli di ossa infangati e lesi nella loro dignità da scritte dementi? Un qualunque assessore comunale farebbe ricoprire scritte analoghe dai muri della sua città, una preside neanche severa andrebbe a caccia di graffitari simili nei bagni, e comminerebbe una salutare sospensione.
Si può sospendere un disegnatore, un direttore, per una vignetta sbagliata? Qui da noi ha perso il posto un professionista cui è scappato il titolo sulle tiratrici cicciottelle, e credo sia esagerato e ingiusto. Ma ai francesi tutto è permesso, ed è questa l’idea di libertà? Per questo l’episodio, in sé trascurabile, trascurabilissimo, vale la riflessione. Non cediamo di un passo sulla nostra identità, sull’orgoglio per la nostra storia e cultura, sulla rabbia per chi la vuol calpestare. Ma quel che difende Charlie Hebdo non è la nostra identità, noi italiani, europei non siamo così. Manco i francesi, lo so. Per qualche fighetto parigino che si diverte con le sofferenze altrui, vale la pena fare una battaglia, farsi rappresentare?