Sister Serena, è sufficiente chiamarla così. L’abito bianco bordato di azzurro delle Missionarie della Carità lo indossa da quasi 40 anni. Milanese, ha vissuto nelle case delle suore di Madre Teresa in Italia e in Spagna, in Russia e in Mongolia, a Calcutta, in Venezuela… ha conosciuto e vissuto con Madre Teresa, ne è testimone, con semplicità e chiarezza. Una vocazione adulta, la risposta a un bisogno ineludibile, un richiamo assordante.
“Se sono missionaria è nel piano del Signore. Siamo chiamati fin dal grembo materno, dice la Bibbia. E’ nostro compito riconoscere questa chiamata e questo non è sempre facile, anche se il Signore ci dà delle indicazioni, un po’ come in una caccia al tesoro… La prima per me è stata quella del servizio ai poveri, e sono andata come missionaria laica in Africa, per alcuni mesi. Un’esperienza entusiasmante, ma non ero soddisfatta della relazione tra il missionario e il povero, era un rapporto dall’alto in basso: il missionario ha i soldi, il potere, in qualche modo, il povero accetta. Così, poiché a quei tempi, inizio anni Settanta, la Madre era già ben nota, sono andata a Roma per chiedere informazioni sui Missionari laici. Ma ho capito che la chiamata per me era un’altra, e chiarissima, così ho deciso un salto nel vuoto, con l’aiuto della Madonna. Il salto proprio della fede, e lì ho trovato il mio tesoro”.
La famiglia l’ha presa male, ovviamente. Le Missionarie tornano a casa una volta ogni dieci anni. Scelgono una vita misera, accanto agli ultimi, negli angoli bui della terra. “Ma non siamo fuori dal mondo. Siamo contemplative nel cuore del mondo, viviamo in mezzo ai suoi problemi, li prendiamo su di noi, ma li affrontiamo forse in modo diverso. Non vogliamo risolvere il problema della povertà, non possiamo. Gesù ha detto che i poveri saranno sempre con noi. Bisogna trovare il significato di questa sofferenza, e allora ci sentiamo privilegiati, non abbandonati. Certo, bisogna credere nel Paradiso, ma siamo qui per questo, non è poi tanto complicato!”.
Voi parlate di povertà non come fanno tutti: il senso dell’opera di Madre Teresa è stato capito? “Noi non siamo assistenti sociali, diceva sempre la Madre. Il fine della nostra Congregazione è saziare la sete di Gesù per amore. Come si può amare qualcuno che non si vede? Amando i poveri tra i poveri in cui Lui ha detto: mi troverete. Questo il mondo spesso non lo capisce. Non c’è solo la povertà materiale, e la Madre l’ha detto tante volte, visitando l’Europa e l’America: la povertà spirituale è ancora più difficile da sanare. E poi c’è un terzo tipo di povertà, quella che ci porta in Paradiso. Quando Gesù l’ha chiamata, sappiamo dai suoi scritti che la Madre disse: ‘Perché proprio io, sono così debole’. E che Gesù le rispose: è per questo che ti chiamo. Nel momento in cui siamo consapevoli della nostra povertà, Dio ci può usare”.
Sister Serena non è una testimonial, non ama parlare in pubblico. Ma lo fa volentieri, in questo scorcio d’estate che declina e che attende il giorno di una Santa in più per la Chiesa, che è stata santa subito, già quand’era in vita. Ha parlato al Meeting di Rimini, in televisione, forzando la riservatezza. “La prima volta che ho incontrato la Madre ero a Londra, dove ero andata ad imparare l’inglese, di cui non sapevo una parola. Lei venne in visita e chiese di vedere personalmente tutte le suore, anche le aspiranti. Ero felice, ma mi chiedevo come avrei fatto a parlare… E avvenne una cosa inspiegabile. Lei mi fece alcune domande, mi spiegò il senso della nostra vocazione e io mi resi conto che capivo perfettamente, cosa che non mi era mai capitata. Sì, perché la madre parla con la semplicità del Vangelo — mi dissero —; Gesù la usava perfettamente, perché parlava con le Sue parole e agiva come Lui”.
“L’ultima volta che la incontrai invece ero in Russia, ad un ritiro di superiore. Al termine, prima che ognuna di noi tornasse alle proprie case, io ad esempio a quel tempo ero in Siberia… ci siamo trovate insieme per cantare. Succede sempre, quando una di noi si accinge a un viaggio, di cantare per lei come augurio. Così avvenne anche quella volta. Poi, mentre aspettavo che mi venissero a prendere per l’aeroporto, la Madre mi vide e disse: ‘Sei ancora qui? Dài, cantiamo un’altra volta io e te!’ e mi portò in cappella. Non avrei mai pensato che sarebbe stata l’ultima volta, proprio allora che mi sono sentita la figlia prediletta. Ma tutti quelli che l’hanno incontrata anche una sola volta l’hanno sperimentato, di essere da lei i più amati. Perché è questo il modo in cui Gesù ama. Per me è stata proprio una madre, le ho voluto e le voglio bene così. Lo diceva sempre alle madri, del resto: voi siete il cuore della famiglia, potete crearla e distruggerla. Noi le superiore generali dopo di lei non le chiamiamo più madri, ma sorelle… madre è stata una sola”.
Chissà se si sono sentite abbandonate, dopo la sua morte, smarrite. “Non ci siamo mai sentite sole. Era una promessa ripetuta, quella di stare con noi. E’ intervenuta, è apparsa, in momenti particolarmente difficili. Penso a un’inondazione in India, con un convento a rischio di essere travolto. La Madre apparve alla superiora spaventata e pronta a fuggire, dicendole: “Va a dormire, ci penso io”.
Anche voi avevate la certezza della sua santità? “Non ci pensavamo, semplicemente. Ma questa canonizzazione non è solo un riconoscimento ufficiale di santità: anche del valore del suo carisma per l’oggi, uno stimolo ulteriore a portarlo nel mondo. Io parlo con la Madre costantemente. Adesso è più viva di quand’era in vita. La santità è come la punta di un iceberg che emerge dalle acque. E’ molto più piccola della parte che sprofonda nell’oceano. Dalla morte della Madre, leggendo i suoi scritti, abbiamo potuto conoscerla molto di più”.
Avete mai saputo della lunga notte, del periodo di buio e di silenzio di Dio che Madre Teresa ha vissuto? E come lo spiegate? “E’ stata una cosa nuova per noi leggere le sue confessioni, i suoi scritti. Perché lei è sempre stata per noi motivo di gioia. Era una festa quando era in casa, ci dava la serenità, non ha mai mostrato angoscia. Era un suo segreto, che non appariva assolutamente. Come ha fatto Maria, che meditava tutto nel suo cuore senza parlare con nessuno. Questo apparente abbandono di Dio è il segno invece di un amore particolare. Dio l’ha considerata quasi come Suo Figlio, facendole vivere le stesse pene da Lui vissute. ‘Mio Dio perché mi hai abbandonato?’. So che sembra un discorso stupefacente, ma questa è la realtà!”.
Voi operate in contesti in cui i cristiani sono minoranza. Non avete mai paura, non vi sentite in pericolo? La scorsa primavera le vostre sorelle in Yemen sono state uccise, sono martiri… “Le nostre sorella uccise sono una testimonianza sempre viva e provocante. Posso dirle che l’unica sopravvissuta ha chiesto di tornare al più presto in Yemen, sul luogo del loro martirio. La forza viene dal fare la volontà di Dio. Lui ci aiuta. Perché non può essere Sua volontà il martirio? E’ il modo migliore di morire. Tutte le sere prima di dormire preghiamo per ricevere la grazia del martirio”. La verità è una ma non la imponiamo mai a nessuno. La Madre diceva: io insegno ad amare. Questo è quel che noi vogliamo fare. A volte il bene ritorna, a volte c’è il rifiuto, ma dobbiamo accogliere tutto quel che ci è dato”.
Ma una vita così dura e così “folle”, attira ancora? Ci sono vocazioni nuove nel vostro Ordine? “C’è un calo anche nel nostro ordine di vocazioni, ma ne abbiamo ancora tante. Il Signore chiama sempre, ma dobbiamo stare in ascolto in silenzio, e il mondo di oggi non aiuta a restare in silenzio. E poi quando il Signore getta un seme questo per crescere ha bisogno di un terreno fertile. E questo terreno è la famiglia, che oggi è in crisi e può far morire il seme senza che porti frutti”.
L’intervista a Sister Serena va in onda oggi alle 12.20 ca e alle 20.30 su Tv2000, (28 del digitale terrestre, satellite al canale 140 di Sky, piattaforma satellitare TvSat canale 18, streaming www.tv2000.it)