Da ieri, il giorno 5 settembre sarà per sempre la festa liturgica di Madre Teresa di Calcutta che Papa Francesco ha dichiarato santa per tutta la Chiesa cattolica in una Messa concelebrata con 70 cardinali, 400 vescovi e oltre 1700 sacerdoti.  
Erano presenti circa 120mila persone e tra essi una categoria di cui ho sentito parlare non abbastanza. Ed è strano, visto che in questi giorni la quantità di informazione sulla piccola grande albanese è stata veramente alluvionale. Mi riferisco alle tantissime mamme e papà presenti in piazza e che sono i genitori dei figli di Madre Teresa. Sembra uno scioglilingua ed invece è uno scioglicuore.
Si tratta di quei genitori — io ne conosco diversi — che hanno ricevuto i loro figli o dalle mani di Madre Teresa in persona o dalle mani delle sue consorelle.
Li riconosci non perché i loro figli provengono dall’India, visto che le case di Madre Teresa sono in tutto il mondo: li riconosci perché non ti dicono che i loro figli sono adottati ma ti presentano il bambino dicendoti che è “un figlio di Madre Teresa”. Si sentono di aver preso in custodia, in affido, la vita di quel bambino direttamente dalla vita di Madre Teresa.
Madre Teresa non li ha aiutati ad adottare un bambino ma gli ha dato un figlio suo, la sua carne. Tanti di questi genitori ieri erano lì in piazza. Erano lì non perché devoti di una santa; non perché membri di un movimento, di un’associazione, di una congregazione, di un terz’ordine la cui fondatrice veniva canonizzata; non perché Madre Teresa fosse la santa patrona del loro paese o la protettrice della loro famiglia. Per loro, per migliaia di genitori e per i loro figli, ieri la canonizzazione era una specie di enorme festa della mamma: una festa di famiglia che andava vissuta in famiglia.
Quei genitori non condividevano un ideale, un carisma, un cammino, una vocazione particolare, un percorso spirituale: condividevano e condivideranno per sempre lo stesso sangue di Madre Teresa perché i loro figli sono i suoi figli, molto spesso bambini salvati dall’essere abortiti. Madre Teresa diceva “dateli a me” e così sono nate queste moltitudini di adozioni. Quando scrosciava l’applauso per le parole di Papa Francesco “Beatam Teresiam de Calcutta Sanctam esse decernimus et definimus ac Sanctorum Catalogo adscribimus…” molte mani erano le loro. E quando le parole di Bergoglio dicevano che Madre Teresa “ha amato tutti, dai non nati agli scartati” erano stati molti di loro a rendere vere quelle parole.



Poi, dopo le parole in latino, a Messa finita, è stata una festa. E poiché spesso la festa di una famiglia numerosa finisce con una pizza, il Papa ha offerto a 1500 persone in difficoltà un pranzo a base di pizza napoletana nell’Atrio dell’Aula Paolo VI. Prima i genitori di Madre Teresa e poi i poveri di Madre Teresa. Perché i poveri invitati erano soprattutto quelli dei dormitori delle Suore di Madre Teresa provenienti da tutta Italia: da Milano, Bologna, Firenze, Napoli e da tutte le case di Roma. Insomma ieri a Roma i non nati e gli scartati hanno fatto rima con santità e pizza. Perché è dai tempi di San Tommaso apostolo che la più efficace prova teologica della resurrezione del Signore sono due dita nel costato e un pranzetto a base di pesce arrostito. Siamo una fede fatta di carne. Madre Teresa ha lasciato parole di carne negli scartati che ha accolto e in quei figli salvati all’aborto e adottati da tanti genitori nel mondo. Anche il Papa ha detto che avremo difficoltà a chiamarla “santa” perché continueremo a dirla “Madre Teresa”. Sì, continueremo a chiamarla Madre perché Teresa è santa perché madre, donna che ha dato la vita.

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