Il capo della Polizia torna ancora a parlare di rischio attentato terroristico in Italia e lo fa a pochi giorni dall’allarme lanciato che aveva sconvolto l’opinione pubblica: torna sul rischio del terrorismo nel nostro Paese e conferma esattamente quanto detto giorni fa. «Se diciamo che siamo dentro una minaccia, dentro un terrorismo liquido, che si fa con oggetti occasionali e non ci vogliono il Semtex o il C4, è un’ovvietà dire che la probabilità che possiamo essere colpiti è abbastanza significativa», afferma Franco Gabrielli, capo della Polizia durante la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza. A chi lo aveva attaccato per aver messo “le mani avanti” su possibili stragi nel nostro Paese, Gabrielli risponde a tono: «Credo che una società civile consapevole, e questo me lo porto dietro dalla mia esperienza in Protezione civile, sia più efficace nell’affrontare questi problemi. Sono preoccupato non perché qualcuno ha scritto con la solita superficialità che l’ho detto per mettere le mani avanti. Ma perché credo che sia importante fare un percorso di consapevolezza. Uno dei deficit più grandi del nostro Paese è la consapevolezza del rischio».
Emergono nuovi dettagli sul tunisino arrestato a Roma oggi per rischi di attentati in Italia e per la connivenza con il terrorismo Isis nel nostro Paese: preparava attentati, radicalizzava in carcere e sfruttava la sua dote di indottrinamento specifica per i fratelli musulmani in carcere che lui (Durante la prima detenzione nel carcere di Velletri nel 2011, dove era finito per violazione delle leggi sugli stupefacenti, è iniziata la radicalizzazione religiosa del tunisino). Come rivelato dalla Digos oggi in una conferenza stampa post-misura cautelare per Hmdi Saber, ai compagni di cella il terrorista incitava «Una volta libero andrò in Siria a combattere con i fratelli musulmani. Vi taglio la testa se non mi accontentate». Legami stretti con l’Isis e Ansar Al-Sharia, istigava alla discriminazione religiosa e all’arruolamento nello Stato Islamico con la Jihad.
Un report agghiacciante quello della Digos dopo l’arresto per terrorismo di un tunisino di 33 anni a Roma: il pericolo attentato in Italia era il vertice finale di una lunga catena di proselitismo che Himdi Saber organizzava tra il Lazio e altre regioni italiane. Nella conferenza stampa tenutasi a Roma poco fa ha confermato che l’arrestato per terrorismo era un leader di primo livello nel gruppo Ansar al-sharia, un punto di riferimento che molti tunisini e siriani contattavano. Inchiesta parte da lontano, addirittura nel 2014: nel corso di alcune osservazioni dei luoghi di culti, carceri e moschee, gli inquirenti della Digos hanno scoperto una catena agghiacciante. «La radicalizzazione e il proselitismo lo faceva in carcere. Gruppi di preghiera, li chiamava, ma in realtà li avvicinava ad Allah perché una volta liberi andassero in Siria a combattere accanto ai fratelli dell’Is. Violento ed estremista organizzava in prigione nell’ora della passeggiata spedizioni punitive e pestaggi nei confronti di cattolici e di quanti avevano manifestato disappunto per le sue preghiere fatte ad alta voce».
Dopo giorni di allerta terrorismo per possibile attentato in Italia, questa mattina è scattata l’operazione “Black Flag” della Digos di Roma che dopo mesi di indagini è arrivata ad arrestare un possibile affiliato del gruppo Ansar Al-Sharia, organizzazione libica vicino ad Al Qaeda. Il rischio forte rimane, le infiltrazioni di Isis e di altre sigle del terrorismo islamista internazionale sono purtroppo presenti in forza anche nel nostro Paese: stamane la notizia di un ennesimo arresto di qualche sospettato che stava per preparare un attentato in Italia, secondo le prime indiscrezioni filtrate dalle agenzie. In queste ore sono comunque in corso ancora perquisizioni in tutto il Lazio nei confronti di sospettati di appartenere ad organizzazioni terroristiche; tutti i dettagli dell’operazione verranno però resi noti in una conferenza stampa che si terrà alle 11 in questura a Roma.
Mentre sono in corso alcuni arresti per il rischio terrorismo e attentato in Italia, è giusto di ieri la notizia dell’accordo tra il nostro Paese e la Libia, ratificato dal ministro degli Interni Marco Minniti in un incontro a Tripoli. Colloqui con il premier al-Serraj e il ministro degli Esteri, Mohammed al-Taher Siyala, per un investimento politico a tutto tondo sul governo sponsorizzato dalle Nazioni Unite. La semplice presenza al suo fianco del nuovo ambasciatore designato, Giuseppe Perrone, che già stamani presenterà ufficialmente le credenziali e riaprirà l’ambasciata, la prima di un Paese occidentale dopo il periodo nero della guerra civile. L’accordo siglato tra Italia e Libia, secondo Minniti, vede tre direttrici fondamentali: «stabilizzazione, che significa crescita economica sociale e civile; cooperazione antiterrorismo, per creare tutte le condizioni affinché non ci sia un ritorno di terroristi e foreign fighter verso i nostri territori ora che l’Isis è sulla difensiva in Siria e Iraq; contrasto comune ai trafficanti di uomini». (Niccolò Magnani)