Una lettera scritta a mano pochi giorni prima di Natale, indirizzata al Corriere della Sera che l’ha pubblicata ieri. L’ha scritta Eros Mischi, un uomo di 92 anni, che da cinque assiste la moglie caduta in stato di coma per via di un diabete non diagnosticato in tempo dai medici curanti. L’uomo lamenta le tante falle della sanità, le diagnosi sbagliate. Accuse anche all’assistenza per anziani, la donna è ricoverata alla residenza sociale assistita Redaelli, ma lui si reca da lei tutti i giorni per prendersene cura. Lamenta “la mancanza di umanità” della cooperativa che si occupa della assistenza della moglie e così si occupa lui di quasi tutto ogni giorno, spendendo quasi tutta la sua pensione, 80 euro al giorno. “Ben venga l’eutanasia, che ponga fine per entrambi alle nostre tribulazioni. Per favore, fateci morire!” conclude nella sua lettera il pensionato. Aggiungendo anche che “purtroppo” i medici “hanno salvato la moglie accorgendosi del diabete”. Una storia drammatica senz’altro ma colpisce il tono dell’articolo del Corriere che fa diventare il caso una nuova battaglia per l’introduzione dell’eutanasia in Italia, citando anche il caso di Eluana. L’uomo, come racconta lui stesso, ha tre figli, ma non vuole che si occupino della madre “per non pesare loro”; ha una pensione da dirigente. Quanti casi di persone in condizioni di solitudine totale e con pochi soldi ci sono che accudiscono i loro cari? Ma nell’articolo si insiste: “Ognuno può trarre le conclusioni più opportune: se questa è ancora vita, se bisognava fermarsi prima, se bisogna sempre tentare, se non si deve pensare seriamente al testamento biologico, se l’accudimento delle persone in coma vegetativo in alcune strutture è umano oppure no”. Lo sfogo di un anziano usato come battaglia per la “morte assistita?”.