La lettera al Corriere della Sera ha di nuovo riaperto il problema e le discussioni sul fine-vita, l’eutanasia e il testamento biologico: a scriverla è Eros, 92 anni, che con carta e penna come una volta scrive al quotidiano di Milano per far conoscere la storia sua e della moglie 90enne malata di Alzheimer. «Cinque anni fa era già malata. Diagnosi di Alzheimer. Poi l’ictus. Ricoverata all’ospedale San Carlo, trasferita al Golgi Redaelli per la riabilitazione. Qui le cose si complicano. Per mancanza di esami o per disattenzione non è stato diagnosticato il suo stato di diabetica. Ho notato buste di glucosio in vena. È disidratata, mi dicevano». In seguito, nel trasferimento alla Rsa Golgi Redaelli di Milano un medico capisce il diabete e la salva, “purtroppo”, scrive Eros disperato nella lettera. L’uomo anziano scrive ancora: «purtroppo, mi pesa, è un altro dolore, ma vedere mia moglie trattata come una valigia da aereoporto fa male di più. Dal 2012 è in coma: non vede, non parla, completamente paralizzata, alimentata con un tubicino, perennemente sotto ossigeno, dolorante, catetere, pannolone e, da mesi, morfina ogni otto ore». Chiede umanità Eros, chiede l’eutanasia e riporta un dialogo tra lui e l moglie durante il periodo del caso Eluana Englaro, «non vogliamo finire così» dicevano, poi il destino ha bussato alla porta e ha presentato una situazione simile. «Ho pensato spesso al suicidio e all’omicidio. Ben venga l’eutanasia, che ponga fine per entrambi alle nostre tribulazioni. Per favore, fateci morire!». Il grido di dolore è altissimo, l’incapacità umana di rispondere ad un problema del genere pure; e alla domanda sul senso ultimo della vita, del suo dare e del suo togliere, resta sull’orizzonte come punto profondissimo.