Un caso di negligenza assoluta? E’ nei guai il magistrato che seguì il caso dell’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa di Varese assassinata 30 anni fa. Il Consiglio superiore della magistratura ha aperto una indagine nei confronti di Agostino Abate che potrebbe avere conseguenze disciplinari forti, dopo che la Procura di Milano riaprendo il caso lo scorso anno, aveva definito “inerzia durata 26 anni” le indagini sull’omicidio che era anche stato archiviato mentre il dna trovato sul corpo della giovane era stato distrutto “per fare spazio negli archivi”. Non solo: il Csm parla di “una serie di comportamenti improntati a grave violazione di legge e inescusabile negligenza, ha arrecato ingiusto vantaggio all’ignoto autore del reato in questione, affievolendone la possibilità di identificazione”. In sostanza avrebbe favorito l’assassino. Il magistrato ha già subito una punizione dal Csm, taglio di due anni della sua anzianità e trasferimento al tribunale di Como per il ritardo relativo a un’altra inchiesta. Abate per il caso Macchi è anche accusato di aver “omesso qualsivoglia iscrizione nel registro degli indagati nonostante alcune persone fossero state destinatarie di comunicazioni giudiziarie e sottoposte a prelievo ed accertamenti scientifici sul Dna” e di non aver esercitato “qualsivoglia vigilanza dei reperti sequestrati, concorrendo alla loro indebita distruzione, nonostante fossero di fondamentale importanza per l’identificazione dei profili genetici dell’autore del reato”. Abate dovrà presentarsi il prossimo 16 gennaio davanti alla commissione disciplinare.