NEW YORK — Poche ore prima che il New York Encounter 2017 iniziasse, l’area di Manhattan circostante la Cattedrale di San Patrizio è stata bloccata per un’ora dai poliziotti del NYPD. Nessun allarme: solo la volontà dei “cop” newyorkesi di rendere il giusto tributo al collega Steve McDonald.
Il detective, icona del Dipartimento, è morto a 59 anni dopo 30 anni di paralisi totale.
Nel 1986, durante un pattugliamento notturno in Central Park, McDonald era stato ferito quasi mortalmente da un pistolero 15enne. Il poliziotto non morì ma si ritrovò quadraplegico e sordomuto. Non ha però mai cessato di vivere intensamente: anzitutto perdonando per iscritto il suo quasi-assassino, morto giovane dopo anni di carcere. Per tutti — concittadini, colleghi poliziotti, cattolici come lui oppure no — McDonald è stato una testimonianza quotidiana di come si possa “vivere in santità”: ha detto così il cardinale di New York Timothy Dolan, parlando con i giornalisti dopo aver celebrato il funerale (attorno, sulla Quinta Strada, si sono assiepate 15mila persone).
Non è stata una sorpresa che ieri pomeriggio, durante la sua visita amichevole al New York Encounter, Dolan abbia parlato di McDonald. il tema dell’incontro — promosso da American Media dei gesuiti statunitensi — era stato individuato da tempo: “Un sogno americano… diventa vero. La vita di alcuni santi americani e la loro rilevanza nei nostri tempi”.
Per il cardinale — amico di don Giussani — la via più semplice e diretta di partecipare all’Encounter è stato raccontare la storia di un uomo che ha vissuto pienamente la sua umanità nella fede perché era il solo bene che gli fosse rimasto oltre alla moglie e al figlio, nato dopo l’incidente. Ma per essere testimoni forti di misericordia, ha detto Dolan, non serve altro.