La domanda è antica, lo studio che prova a rispondere è già più recente, ma i risultati non sono per nulla chiarificatori: la Bibbia o il Corano, quali testi sacri esprimono più violenza? Domanda a volte anche banale, per alcuni stupida, ma di fronte ai guai continui nel mondo in termini di violenza espressa in nome di una religione o di un dio, l’Islam viene spesso messo in cattiva luce per la violenza espressa nelle varie Sure del Corano. Questo studio di un in ingegnere americano prova a fare quanto molti oppositori del cristianesimo da molto vanno dicendo: siamo così certi che il Corano sia più violento della Bibbia? Tim Anderson ha inventato un algoritmo che prova a rispondere alla domanda in questione, «ispirato dal dibattito pubblico sul terrorismo e il fondamentalismo islamico: l’Islam è una religione intrinsecamente più violenta delle altre?», si chiede l’ingegnere. Si chiama Odin Text il nome dell’algoritmo che categorizzando le emozioni in otto parole (gioia, attesa, rabbia, disgusto, tristezza, sorpresa, paura/ansia e fiducia), ha rilevato che nella Bibbia di parla più frequentemente di rabbia e molto meno di fiducia, rispetto al Corano. Questo il primo risultato, a suo modo clamoroso per certi versi, il tutto tra l’altro con un’analisi di due minuti analizzati a tempo di record alla scansione del software inventato da Anderson. La ricerca in realtà è molto più complessa di così, visto che “Dei tre testi, il Vecchio Testamento sembra essere di gran lunga il più violento”, spiega l’autore della ricerca. “Si fa riferimento più spesso (2,8% delle parole totali del libro) a omicidi e distruzione nel Nuovo Testamento che nel Corano (2,1%), ma il Vecchio Testamento, con il 5,3%, è nettamente superiore”.



Bene, ma una religione la si può davvero misurare con questi algoritmi? È possibile in due minuti analizzare una storia bimillenaria che si muove oltre tutto secondo direttrici e variabili completamente più sofisticate dell’analisi statistica (visto che si tratta di conversioni, scelte e libertà completamente umane)? La domanda resta aperta, specie quando si è provato a chiedere all’ingegnere cosa volesse dimostrare con i risultati dell’algoritmo, scoprendo già in prima battuta la “dubbia” utilità di una analisi del genere: «voglio che sia chiaro che non è mia intenzione provare, né smentire, che l’Islam sia più o meno violento delle altre religioni, anche perché esistono altri libri, che io non ho considerato, nelle rispettive letterature sacre di riferimento». Ecco, ma dunque perché una ricerca del genere? E sopratutto, questo può spiegare e leggere la storia delle religioni e dell’incontro tra l’essere umano e il divino? Violenza e libertà, forse è in questo rapporto che si può analizzare – e non con un algoritmo – quanto realmente i testi sacri abbiano infuso o rappresentanto una “condotta” dei fedeli…

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