Secondo una Vita di Antonio, scritta dal vescovo Atanasio di Alessandria (opera sulla quale gli studiosi hanno molto discusso), il Nostro nacque verso il 251 a Coma, attuale Keman, località centro-egiziana nei pressi del Nilo. Aveva circa diciotto anni quando morirono i genitori e sant’Antonio rimase solo, a prendersi cura della casa e della sorella minore. Dopo aver ascoltato in chiesa il passo del vangelo di san Matteo in cui Gesù invita a distribuire ai poveri i beni terreni per una vita perfetta e, dallo stesso vangelo, l’esortazione a non preoccuparsi per il domani, sant’Antonio, che già meditava una totale adesione a Dio, diede in elemosina ciò che possedeva, affidò la sorella alle cure di alcune donne e si mise a praticare una vita ascetica, totalmente dedita a Dio. Morì nel 356, alla veneranda età di 105 anni. 



“L’esperienza ascetica di sant’Antonio è caratterizzata dai seguenti elementi: 1) lotta contro Satana e i demoni; 2) miracolose guarigioni e profezie; 3) rapporti con i monaci-discepoli; 4) contatti con il mondo esterno”, scrive il professore Bastiaensen. L’eremita sant’Antonio, aspirando ad una unione totale con Dio, lasciò il mondo e si mise a vivere da solo, senza distrazioni e concentrato nella preghiera, ritirandosi sempre più lontano, fino a raggiungere il deserto della Tebaide in Egitto. Qui è costretto a subire le minacce e gli assalti dei demoni e del loro capo, il Signore di questo mondo, Satana: la vita di sant’Antonio è stata segnata da un continuo reale conflitto con gli spiriti maligni, ma da esso il monaco uscirà vincitore. Ebbe grande fama di taumaturgo e di veggente, con il potere di operare miracolosamente guarigioni e la capacità di vedere lontano e di conoscere il futuro: ad esempio, dalla sua dimora nel deserto, vide l’anima di sant’Ammonio, che viveva come un eremita nella lontana Nitria, andare in Paradiso, e preannunciò le afflizioni della Chiesa causate dall’eresia ariana, da egli stesso combattuta. Sant’Antonio aveva dei seguaci, anche loro eremiti; i contatti con lui e tra loro erano frequenti: vivere da eremita non comportava, infatti, un completo isolamento. Molti furono coloro che, per la sua affascinante personalità, scelsero la vita eremitica e così “il deserto divenne una città di monaci”: Sant’Antonio fu il padre di tutti loro. Il modo di vivere di sant’Antonio non rappresentava una rinuncia assoluta al mondo. Egli si mantenne in contatto con gli altri monaci e a volte appariva in pubblico per scopi caritatevoli e per difendere la fede cristiana; sono tramandati incontri che ebbe con filosofi, eruditi e saggi pagani, che andavano a trovarlo: nelle discussioni, la sua saggezza, basata sulla fede cristiana, aveva la meglio sulla loro vuota erudizione. Secondo Bastiaensen, “Come “padre dei monaci” sant’Antonio è stato una delle figure più influenti nella Chiesa cristiana, l’iniziatore di una forma di vita religiosa destinata ad avere grande fortuna e a segnare la spiritualità e la tradizione cristiana fino ai tempi moderni”.



Memoria di sant’Antonio, abate, che, rimasto orfano, facendo suoi i precetti evangelici distribuì tutti i suoi beni ai poveri e si ritirò nel deserto della Tebaide in Egitto, dove intraprese la vita ascetica; si adoperò pure per fortificare la Chiesa, sostenendo i confessori della fede durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, e appoggiò sant’Atanasio nella lotta contro gli ariani. Tanti furono i suoi discepoli da essere chiamato padre dei monaci.

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