“Negli ultimi 230 anni si sono susseguite ben 40 leggi a tutela del corretto costruire eppure ogni terremoto, puntualmente, si trasforma in catastrofe”, si leggeva in un comunicato del Consiglio nazionale dei geologi del 13 aprile 2016, ben quatte mesi prima dunque di quello del 26 agosto che ha dato il via alla devastazione in cui si trova oggi il Centro Italia. “In un quadro di vulnerabilità molto alta, abbiamo un patrimonio edilizio estremamente fragile, non abbiamo mai messo in atto una politica di messa in sicurezza che renda possibile, come succede in altre nazioni, convivere con i terremoti, ma non avere morti” ha detto a ilsussidiario.net Nicola Tullo, presidente dell’ordine dei geologi dell’Abruzzo. In un sistema, quello del Centro Italia, che è per sua natura soggetto a terremoti e che così sarà sempre, c’è almeno una notizia positiva: “I nuovi terremoti di ieri fanno parte dello scatenamento di energie dello scorso agosto, che però si stanno avvicinando a quel pezzo di struttura sismica del terremoto del 2009 in Abruzzo, dove già si era scaricata gran parte dell’energia e dove non c’è stato tempo per accumularne altra”.
Cosa sta succedendo? La sequenza di terremoti scatenati lo scorso 26 agosto è in piena attività?
Cosa stia realmente succedendo è ovviamente complicato da capire. Siamo davanti a un sistema di faglie attive che riguardano l’Appennino centrale. il fatto che ci siano stati dei terremoti significa che ognuno di loro ha in qualche modo eccitato le strutture adiacenti. Ricordiamo che una faglia non è una linea retta ma sono tante fratture.
Siamo davanti a un effetto domino?
Parlare di effetto domino è una semplificazione di tipo giornalistico. Quando si libera una grossa energia in un punto specifico si eccitano le strutture a fianco, che già hanno una loro energia, e aiutano a rilasciarla. In questo senso si parla di effetto domino, ma quello a cui siamo davanti è un’altra cosa.
Ci spieghi.
Dall’agosto 2016 si è attivato un pezzo di struttura sismica che si sta spostando verso quella del terremoto del 2009 all’Aquila, quell’ultimo tratto che ancora non aveva rilasciato energia. Questo per certi versi è positivo perché si sta avvicinando verso una zona dove si è già scaricata gran parte dell’energia e non c’è stato tempo per riaccumularne altra.
C’è però un evidente collegamento tra tutti questi terremoti o no?
Sì, perché è un sistema di faglie che va dall’Aquila fino a Norcia.
Quindi?
La faglia quando si muove non fa altro che liberare energia in un punto della crosta terrestre dove questa energia si è accumulata. Le energie si accumulano lungo le faglie, quelle più profonde, e a un certo punto vengono liberate. In quali condizioni o quando non possiamo saperlo. Possiamo sapere che quando si libera uno di questi accumuli di energia va a eccitare le faglie più vicine che possono reagire rilasciando a loro volta energia, questo è quello che in modo semplificato viene chiamato effetto domino. Ma non lo è, piuttosto è un contagio sismico, un problema di energia liberata che sollecita le faglie vicine che a loro volta possono liberare altra energia.
Il dato di fatto è che il Centro Italia è zona a rischio perenne, giusto?
E’ una zona caratterizzata da un sistema di faglie attive lungo tutto l’Appennino soprattutto centrale che hanno sempre dato terremoti e continueranno a darne. E’ la sua struttura geologica e non possiamo farci niente.
Quanto la placca africana, che come sappiamo si infila sotto quella europea, è responsabile di questa situazione?
E’ tutto in movimento una placca sotto l’altra, principalmente quella africana con quella euroasiatica, e man mano che si scontrano danno luogo a un terremoto. Questi movimenti sono destinati a non finire mai, è nella struttura stessa della nostra Terra.
Dunque una condanna a vita per chi vive in quelle zone?
Quello che possiamo fare è far sì che l’evento sismico sia solo un fatto naturale, come succede in Giappone o in California, che hanno una pericolosità sismica più elevata della nostra, ma con i terremoti riescono a convivere limitando al massimo le vittim. Noi purtroppo il terremoto lo subiamo. Abbiamo una vulnerabilità molto alta e un patrimonio edilizio molto fragile.
In California e in Giappone però non hanno paesi e città che risalgono al Medioevo se non prima. Cosa bisognerebbe fare, abbandonare per sempre i piccoli borghi di montagna?
In Italia non è mai stata attivata una politica di messa in sicurezza. Convivere con un terremoto significa che le case e le strutture non fanno più morti. Per questo dobbiamo cominciare una politica di messa in sicurezza di tutto il patrimonio edilizio, convincere la gente a mettere soldi da destinare alla messa in sicurezza di tutte le infrastrutture. Certo è un lavoro lungo, ma se continuiamo a indugiare saremo sempre impotenti davanti a questi eventi.
Mettere mano a costruzioni che risalgono a secoli fa è fattibile?
Ci sono situazioni dove non si può fare nulla, la pericolosità è intrinseca al nostro territorio. Sull’esposizione non possiamo farci niente perché i nostri paesi hanno una storia antichissima, però possiamo lavorare sulla vulnerabilità, imparare a lavorare in termini emergenziali ma fuori dell’emergenza. In sostanza, se io voglio mettere in sicurezza dei fabbricati lo devo fare prima che arrivi l’emergenza perché costa meno e posso farlo con più tranquillità. Bisogna partire con un programma di messa in sicurezza, in ogni paese ci sono edifici più vulnerabili, poi ovviamente ci sono centri storici particolari e in quel caso bisogna pensare a strategie ad hoc.
Ieri abbiamo assistito a scene di panico elevato a Roma, erano giustificate? Quanto è a rischio la capitale?
Non esistono strutture sismiche attive nella zona di Roma, la città risente del fenomeno, anche per via dell’incanalamento delle onde sismiche. Roma è fatta da strutture basse e molto larghe che risentono di questi eventi, ma sono in grado di resistere. Non è giustificato un allarmismo nella zona di Roma, non ci sono motivi, poi psicologicamente il terremoto fa paura, questo è ovvio.
Come collaborate con la Protezione civile?
Abbiamo squadre che vanno in supporto alla Protezione civile a fare verifiche. Ma ogni volta che succedono scosse così forti bisogna ricominciare da capo con le verifiche.