Si grida al miracolo, ma ci sono spiegazioni scientifiche in merito al ritrovamento di persone sopravvissute alla slavina che ha travolto l’hotel Rigopiano: come hanno fatto a sopravvivere alla valanga? All’interno dell’albergo potrebbero essersi formate delle “camere d’aria”, ma si può essere salvati anche quando si finisce sotto la neve, perché si può creare una piccola camera d’aria intorno al volto con uno zaino o un altro oggetto. Il rischio di ipossia (ridotto apporto di ossigeno) e di ipercapnia (eccesso di anidride carbonica) è comunque altissimo. Quello maggiore, però, è di ipotermia. Per quanto tempo si può sopravvivere in condizioni estreme? Gianluca Marconi, medico rianimatore e responsabile dell’Elisoccorso del 118 di Milano, nonché esperto di salvataggi alpini, ha risposto a questa domanda: «Se si è estratti subito si ha più del 90% di probabilità di sopravvivenza, mentre tra i 15 e i 45 minuti la percentuale si abbassa drasticamente fino al 25%. Se invece i soccorsi tardano ad arrivare, solamente condizioni particolarmente favorevoli, come presenza di aria, ferite non gravi, permettono a una persona di sopravvivere più a lungo» riporta Il Sole 24 Ore.



Si può anche resistere al freddo di una slavina come quella che ha sommerso l’hotel Rigopiano. Le ultime novità su come sono riusciti a sopravvivere alla valanga i superstiti della tragedia avvenuta a Farindola, in provincia di Pescara, è il vicedirettore dell’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna, Giacomo Strapazzon. In un’intervista al Corriere della Sera il medico spiega che “più tempo si passa in un ambiente freddo, più il corpo tende a raffreddarsi con conseguenti difficoltà cardio-circolatorie che compromettono cuore e cervello. L’ipotermia può causare la morte, ma solo l’1% delle vittime di valanghe muore di ipotermia pura”. Chi resta sotto la neve può essere ‘protetto’ visto che “spesso la temperatura non è così fredda come all’esterno”. Ma c’è di più riguardo ai sopravvissuti dell’hotel Rigopiano: “non erano in una tormenta – sottolinea Strapazzon – erano verosimilmente ben nutrite, sane, vestite adeguatamente, potevano muoversi, tanto che sembra che per scaldarsi abbiano acceso un fuoco. Se non erano direttamente a contatto con la neve, ma raggruppate in una cavità, come è probabile, c’è sicuramente stata meno dispersione di calore e il raffreddamento corporeo è stato rallentato”.



Dopo 42 ore dalla slavina che ha sotterrato l‘hotel Rigopiano di Farindola in provincia di Pescara si attendono ulteriori novità dopo che sei persone, tra cui anche bambini, sono state estratte vive dalla neve. Le domanda che ci si pone è: come hanno fatto a sopravvivere alla valanga? I soccorritori sono riusciti ad arrivare ai superstiti anche grazie all’aiuto dei cani che li hanno individuati. Gli uomini del soccorso li hanno trovati nella zona delle cucine sotto un solaio dell’hotel Rigopiano. Tra di loro sono stati estratti una mamma e un bambino: si tratta della moglie e del figlio di Giampiero Parete, il superstite della slavina che non è rimasto intrappolato sotto la massa di neve perché al momento della valanga si trovava al di fuori dell’albergo. Come spiega al Corriere della Sera Giacomo Strapazzon, vicedirettore dell’Eurac, l’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna, non esistono curve di sopravvivenza di persone sopravvissute in valanghe su edifici ma “i principi sono gli stessi, serve una sacca d’aria dove respirare e se non si è a diretto contatto con la neve si può sopravvivere, anche per giorni, proprio come nei terremoti”.



A una slavina si può sopravvivere anche molte ore. Lo dimostrano casi del passato ma anche quello recente dell’hotel Rigopiano dove dopo 42 ore dalla slavina sono state individuate vive 6 persone. Le probabilità di sopravvivere sotto una valanga sono superiori al 90%, come ricorda il Corriere della Sera, se le vittime sono estratte entro 18 minuti: questo avviene però solo in presenza di vie aeree aperte che consentono il passaggio dell’aria. All’hotel Rigopiano sommerso dalla slavina è successo qualcosa di diverso che ha permesso la sopravvivenza di alcuni ospiti dell’albergo. Le novità sono spiegate al quotidiano da Giacomo Strapazzon, vicedirettore dell’Eurac, l’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna: “Due cose sono fondamentali: non bisogna essere feriti gravemente, perché questo potrebbe tramutarsi in un’ulteriore compromissione delle risposte al freddo e alla tolleranza di uno stato di ipotermia che già di per sé aumenta il pericolo di sanguinamento e quindi di un possibile stato di choc. Secondo, bisogna trovarsi in una sacca d’aria sufficiente per respirare e verosimilmente è quello che è successo ai sopravvissuti in Abruzzo ritrovati sotto un solaio dove pur circondati dalla neve e dai detriti hanno avuto ossigeno a sufficienza per diverse ore”.