“La straordinaria diffusione del culto di Agnese, a partire dalla prima metà del IV secolo, fu dovuta agli entusiastici elogi di alcuni grandi padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Damaso, Girolamo, Massimo di Torino, Gregorio Magno, Beda), che additarono la fanciulla romana come modello esemplare di vergine, dalla fede incrollabile e di grande forza d’animo, contrapposte alla fragilità del suo corpo di adolescente”, scrive la professoressa Marina Airoldi. I primi e unici dati certi su Agnese sono il nome, che — derivato dal greco — significa “casta” “pura”, la giovanissima età ovvero 12 o 13 anni, il martirio subito a Roma in epoca imprecisata, probabilmente intorno alla metà del III secolo, durante la persecuzione di Decio (250-251) o di Valeriano (258-260). Intorno a questo nucleo di informazioni elementari e documentate, si sono poi aggiunte altre informazioni, non sappiamo se vere o false, fino alla stesura di una passio, nelle versioni siriaca, greca e latina del V secolo, riproposta dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze nel XIII secolo. La data del martirio — il 21 gennaio — è ricordata già nella Depositio martirum — si tratta di un elenco dei martiri scritto dal calligrafo e letterato Furio Dionisio Filocalo nel 354 — e ricorre in tutti i martirologi e i testi liturgici più antichi. Sul luogo della tomba della santa, Costantina, figlia di Costantino il Grande, fra il 338 e il 350 fece costruire una basilica, poi riedificata in stile bizantino da papa Onorio I (625-638), con un bellissimo mosaico absidale, fino all’ultimo intervento voluto da papa Pio IX tra il 1855 e il 1856.
Memoria di sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua castità; vinse, così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo.