La trasmissione Quarto Grado, nell’ultima puntata è tornata sul caso che vede accusata Veronica Panarello per l’omicidio del figlio Lorys Stival. La donna, come sappiamo, è stata condannata a 30 anni di carcere al termine del processo di primo grado. Nel corso del programma sono stati ripercorsi i principali momenti del giallo di Santa Croce Camerina, in attesa delle motivazioni della sentenza. Ad intervenire, è stato il capo della squadra Mobile di Ragusa, Antonino Ciavola, lo stesso che ha accompagnato la donna sul luogo del ritrovamento del cadavere di Lorys ed in casa ma che, come ha dichiarato, non è mai riuscito a instaurare un rapporto di fiducia con lei. Come riporta Urban Post, Ciavola ha ritenuto di aver incontrato non poche difficoltà, da un punto di vista umano, a stare accanto a Veronica Panarello nel modo più professionale possibile, sebbene per lavoro fosse chiamato a porre alla donna le domande utili alla ricostruzione della dinamica del delitto. Diverso, invece, il rapporto con Davide Stival, padre del piccolo Lorys, con il quale si è creato un rapporto di stima e fiducia reciproco: “Ci sono le cattive persone e quelle buone, Davide Stival rientra tra queste ultime. Lui ci ha dato molto”, ha dichiarato in merito.
La trasmissione Quarto Grado, nell’ultima puntata, ha riservato ampio spazio ad uno dei casi più cruenti degli ultimi anni e relativo al delitto di Lorys Stival. Il piccolo di Santa Croce Camerina sarebbe stato ucciso dalla madre Veronica Panarello. E’ quanto stabilito dai giudici che hanno condannato la donna in primo grado, a 30 anni di reclusione per l’omicidio del primogenito di appena otto anni. La trasmissione, come riporta Il Giornale nella sua versione online, ha mandato in onda i primi momenti dell’interrogatorio a Veronica Panarello mentre si trovava nella zona in cui è stato rinvenuto il corpicino senza vita del figlio, in un canalone nei pressi del castello di Donna Fugata. E’ qui che dopo il delitto la donna ammise di essersi recata, per frequentare un corso di cucina. La Panarello ha raccontato agli inquirenti di aver gettato il corpicino di Lorys nel canalone ma di non essere stata lei a strangolarlo. “Fatemi dare l’ergastolo, Non merito di vivere dopo aver fatto una cosa così, sono un mostro”, avrebbe poi aggiunto tra le lacrime. La donna ha poi ripetuto: “Ho gettato la cosa più importante della mia vita, devono portarmi nel carcere più duro che esista e li devo passare il resto della mia vita”.
A distanza di diversi anni da quella mattina, Veronica Panarello è ritornata nella casa di famiglia, specialmente all’interno della stanza del figlio Loris Stival. La donna, disperata e fra le lacrime, non smette inizialmente di perlustrare tutte le stanze, concentrandosi su alcuni punti come la camera da letto matrimoniale, lo sgabuzzino, la cameretta del bambino. Forse ricordando i movimenti effettuati quel giorno, in cui si è spenta la giovanisima vita di Loris Stival. Accompagnata dalle autorità, Veronica Panarello ha confermato la versione fornita poco prima con l’avvocato, affermando di aver trovato il figlio già con la fascetta al collo. Sarebbe accaduto tutto nel giro di pochi minuti, dal momento in cui ha detto al bambino di cambiarsi i pantaloni, perché sporchi, ed infine la tragica scoperta. Non smette di piangere Veronica Panarello, accasciandosi a terra per il troppo dolore ed infine stringendo il kimono del bambino, ancora vicino al lettino. Le immagini, inedite, sono state trasmesse lo scorso venerdì a Quarto Grado. Gli inquirenti hanno chiesto più volte conferme alla donna riguardo alle proprie parole ed infine le hanno chiesto se voleva aggiungere altro, magari in riferimento all’omicidio. La Panarello invece conferma, giura. Parole già sentite più volte fin dall’inizio delle indagini nei suoi confronti. “E’ possibile che sei bloccata e non riesci ad ammettere di aver fatto qualcos’altro?”, le viene chiesto invano.
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Prima di entrare nella casa in cui viveva con Loris Stival, Veronica Panarello è stata portata anche nel canalone di Croce Camerina, dove ha tentato di occultare il corpicino del figlio. “Volevo solo nasconderlo, non volevo gettarlo giù”, afferma agli inquirenti fra le lacrime, non riuscendo a spiegare perché abbia voluto agire in quel modo. Frasi sconnesse, alternate a quanto accaduto quella mattina e frasi di disprezzo che riserva a se stessa. “Non merito di vivere”, “sono un mostro”, afferma Veronica Panarello, alla ricerca di una spiegazione che non riesce a darsi. Si augura solo il carcere a vita, il più duro, pronta a chiedere di persona al giudice di emettere la condanna. E quando gli inquirenti le fanno notare che se non è colpevole non deve pensare determinate cose di se stessa, Veronica Panarello prosegue la sua dichiarazione, fra lacrime e nuove accuse, come in una sorta di litania senza fine. L’unica certezza riguardo a ciò che è successo quel giorno è solo che Loris Stival, un bambino di appena sei anni, ha smesso di vivere per mano di qualcuno.
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