Cosa abbiamo fatto per meritarci tutto questo. In tanti ieri si sono posti questa domanda. L’Abruzzo in queste ultime settimane è diventato il centro del mondo. Per le disgrazie. Mentre i soccorritori lavorano alacremente sulle rovine dell’hotel di Rigopiano per recuperare i corpi delle persone rimaste sotto la slavina, con la speranza, sempre più flebile, di trovare qualcuno ancora in vita, le cronache registrano altri sei morti. Un elicottero del soccorso del 118 è precipitato ieri subito dopo aver recuperato uno sciatore 50enne di Roma, che si era rotto tibia e perone sciando nella stazione di Campo Felice, sul versante aquilano della catena del Gran Sasso. La scarsa visibilità, forse un cavo elettrico colpito dall’elicottero. Fatto sta che il velivolo è precipitato per 600 metri. Le sei persone a bordo non hanno avuto scampo.
Tra di loro un medico e un volontario del soccorso alpino, Walter Bucci e Davide De Carolis, che fino al giorno prima erano stati a Rigopiano, a portare i soccorsi, a cercare di recuperare i superstiti travolti dalla slavina.
Tristezza, lacrime, disperazione. La notizia in pochi minuti è rimbalzata dall’Aquila a Rigopiano, fino a Teramo. Tante domande senza risposta, tanti perché. Il destino che trasforma uomini dediti al salvataggio di altri uomini in vittime. L’Abruzzo al centro del mondo, ma non per il fascino delle sue montagne, per la bellezza della costa. Dagli Appennini al mare in pochi minuti, quando non ci sono scosse di terremoto, nevicate che si ricordano nel tempo, quando c’è la luce e le vecchiette di paese raccontano aneddoti della montagna. L’Abruzzo forte e gentile mostra tutte le sue debolezze. Chiede preghiere, unico sollievo per dare risposte a chi è rimasto a piangere i propri cari.
“Ho condiviso con lui tanti anni di lavoro a Carsoli ed il suo sorriso mi accompagna ancora… ora è in Cielo, ha dato la vita per soccorrere un altro uomo!”, scrive un medico del 118 teramano per ricordare Walter Bucci. Una persona che ha vissuto il suo ruolo di medico rianimatore dedicato agli altri e per salvare un altro ha trovato la morte. La sua dedizione verso gli altri lo aveva portato a diventare volontario del soccorso alpino, quando non era in servizio con il 118.
A piangere Davide centinaia di persone. A Teramo, dove da ragazzino faceva lo scout, il liceo, prima di trasferirsi a Santo Stefano di Sessanio, nell’Aquilano, dove viveva con la moglie, la figlia, dove era diventato consigliere comunale. A inizio anno era su una ruspa per liberare dalla neve le strade del paese. Sempre pronto a portare aiuto, a qualsiasi livello. Quell’educazione scout che ne aveva fatto un ragazzo amato da tutti, che lo aveva fatto diventare uomo. E uomo per gli uomini.
Disastri su disastri, ma anche la scoperta di cuori grandi, di dedizione verso l’altro. Così si scopre che, al di là del dolore, queste persone non sono morte per nulla. Hanno lasciato un segno, una testimonianza. Una speranza per chi li ha conosciuti, ma anche per chi li ha scoperti nel momento dell’emergenza.