La vita per Carlo Lissi, autore del triplice delitto di Motta Visconti nel quale persero la vita la moglie e i due figli, è cambiata dal giugno 2014. In carcere a Pavia, ancor prima di scrivere la lettera oggi al centro dell’attenzione e con la quale rinuncia volontariamente all’appello ritenendo giusto l’ergastolo a suo carico, Lissi ha iniziato a dare quattro esami di filosofia e sarebbe supportato dall’aiuto di uno psicologo. Forse proprio grazie a questo importante aiuto, come rivela Corriere.it, l’imputato avrebbe iniziato a comprendere il peso di quanto commesso ed avrebbe deciso a suo modo di pagarne le conseguenze. Da qui la sua “richiesta di rinuncia, considerando congrua la condanna inflittami in primo grado e scusandomi per la perdita di tempo”. Ora Carlo Lissi attende fiducioso la replica della Corte d’Appello di Milano nel carcere di Pavia dove si accinge a scontare l’ergastolo. Per i giudici la sua richiesta è stata giudicata “irretrattabile”, quindi non hanno potuto far altro che prenderne atto, accogliendola.
Colpo di scena nel caso del delitto di Motta Visconti: contro ogni aspettativa e forse per la prima volta nella storia giudiziaria italiana, l’imputato Carlo Lissi, condannato all’ergastolo ha rinunciato all’Appello. La sua decisione è giunta attraverso una lettera di appena tre righe, scritta dal carcere di Pavia dove è detenuto e indirizzata alla Corte d’Appello di Milano che era pronta a giudicarlo. Ne dà notizia Corriere.it che rivela le parole dell’uomo 34enne, condannato al carcere a vita per aver ucciso la moglie Maria Cristina Omes di 38 anni ed i due figli, Giulia e Gabriele, rispettivamente di 5 anni e 20 mesi. “Rinuncio all’appello perché ritengo congruo l’ergastolo inflittomi”, avrebbe scritto Carlo Lissi. L’imputato avrebbe anche chiesto scusa ai magistrati per il disturbo e “per la perdita di tempo”. Lissi, dunque, continuerà a scontare la pena che gli è stata comminata per il triplice delitto di Motta Visconti consumatosi il 14 giugno 2014 e considerato uno dei più cruenti delitti familiari degli ultimi anni. Nel corso del processo di primo grado, il gup pavese Luisella Perulli aveva sottolineato come l’uccisione della moglie e dei due figlioletti avesse rappresentato per Carlo Lissi una inconcepibile modalità di “divorzio veloce”. Una definizione sorta dopo la scoperta di quanto cercato dall’imputato su internet nei giorni precedenti al triplice omicidio. L’uomo si sentiva in gabbia, in una vita che non voleva più. Non sapendo come affrontare l’argomento separazione e soprattutto le conseguenze anche sociali che ciò avrebbe comportato, anche forte del nuovo legame con una giovane collega, decise di mettere fine alle vite della moglie 38enne e dei due figli nati dalla loro relazione. Al pm Carlo Lissi, in modo piuttosto confuso aveva rivelato in merito, pochi giorni dopo il delitto: “Non ero contento, avevo pensato di divorziare, e poi quel giorno lì mi è venuto un raptus, diciamo che non avevo il coraggio di chiederglielo e ho pensato di… di liberarmene così”. Oggi, la presa di coscienza di quanto commesso, le scuse ai magistrati e la consapevolezza che la pena dell’ergastolo sia consona a quanto da lui commesso.