Negli anni dell’occupazione nazista in Polonia, il nome di Hans Frank faceva tremare tutti. Avvocato del partito nazista prima, governatore della Polonia poi, era uno degli uomini più vicini ad Adolf Hitler. Sterminatore di ebrei e fiero controllore dei campi di concentramento, Hans Frank morì impiccato il 16 ottobre 1946 dopo essere stato condannato dal Tribunale di Norimberga per i suoi crimini. Sposato a una donna che si faceva chiamare la Regina di Polonia, Hans Frank controllava ben tre diversi campi di sterminio durante il periodo il cui fu governatore della Polonia: Treblinka, Belzec, Sobibor. Le persone che vi morirono all’interno furono centinaia di migliaia, tra cui la madre del regista Roman Polanski, uccisa in una camera a gas mentre era incinta. La donna serviva anche nel castello di proprietà di Hans Frank. Una volta catturato dai russi, tentò due volte il suicidio durante la prigionia, ma senza successo. Provò a dire che non conosceva l’esistenza dei campi di sterminio ma non venne mai creduto. E per questo venne condannato a morte.



Hans Frank si convertì al cattolicesimo durante la sua prigionia dopo il processo di Norimberga, e si raccontà che quando fu impiccato entrò nella sala con il sorriso sulle labbra. Chi però dice che non si era mai pentito dei suoi crimini, è suo figlio Niklas Frank, che all’epoca in cui il padre era governatore della Polonia aveva solo pochi anni. Per lui incarna il male assoluto, ed è un bene che sia morto. In un’intervista rilasciata in esclusiva all’Espresso, Niklas Frank ha parlato della figura di suo padre e di quanto era stato portato al ghetto di Cracovia: “Ci sono andato con mia madre. Eravamo su una Mercedes. Mia madre entrò in un negozio per accaparrarsi delle pellicce; lei adorava il lusso, le pellicce, i gioielli, ci teneva moltissimo allo status di una donna dell’alta società. Mi rammento le facce tristi delle persone, mi ricordo gli uomini con la frusta in mano. Mi stupivo che anche i bambini fossero tristi e così a uno di questi avevo fatto la linguaccia, doveva essere due anni più grande di me. Il bambino si voltò se ne andò e io mi sentivo come se avessi vinto un duello. Mi ero alzato in piedi in macchina e avevo fatto il gesto di trionfo con le braccia. La mia tata, si chiamava Hilde, mi costrinse a rimettermi a sedere”.

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