E mentre l’Italia festeggiava la fine di un anno infausto, e l’inizio di un nuovo che già inquieta, mentre le città amate si apparecchiavano per la guerra, non per la baldoria; con camionette e soldati davanti a chiese, uffici comunali, monumenti, musei, locali, con l’estenuante attesa in fila per farsi esaminare zaini e borsette; mentre si piangevano morti lontani, terrorizzati dalla replica a casa nostra, mentre si scrutavano volti e angoli oscuri per scovare le minacce del terrorismo islamico, qualche delinquente nostrano aveva confezionato un petardo ben più grande degli altri, aveva preparato la festa definitiva a uno zelante artificiere del nostro esercito.
Sono le 5.30 di mattina a Firenze, e pare di averla scampata, in questa notte gelida. Spente le note del concerto di Mengoni, affrettati i passi dei nottambuli che ancora infiocchettati corrono a buttarsi a letto. Davanti a una libreria, zona centro, c’è un pacco. La Digos in pattuglia guarda, si insospettisce, chiama le forze speciali, e il sovrintendente addetto solerte arriva, si avvicina, comincia ad armeggiare coi fili. Sicuro di sé, è abituato a ben altri ordini, perché di ordigno si tratta, ma non ha calcolato che le cose mal fatte sono spesso le più pericolose. La bomba scoppia, e lo travolge. Forse non era messa lì per uccidere, ma per spaventare; per rompere una vetrina, di quella libreria odiata perché — dicono — punto di riferimento di CasaPound in città.
Ora, che con l’emergenza dei fondamentalisti assassini che covano odio nei nostri quartieri, i cui figli vanno a suola coi nostri figli, che incrociamo all’alimentari mentre facciamo la spesa, con il dramma dei morti in troppe città europee perché noi ci sentiamo immuni; con l’impotenza della nostra resistenza pur volenterosa, che ha bisogno di tutta la nostra partecipazione e forza; che ci sia qualche fanatico che ancora si ostina sulla barricata anacronistica destra-sinistra è incomprensibile, inaccettabile, sospetto. Ci hanno insegnato tanti anni di cronaca d’Italia che proprio nei momenti di debolezza e paura c’è chi rimesta nel torbido. E puntualmente, arrivano i cretini o chi li manovra per accaparrarsi battaglie di pochi, e fare gli utili idioti di chi vuole, fomenta il caos.
Chi sono questi reduci della storia, una storia sbagliata, condannati dalla fine delle ideologie, questi vecchiardi mal cresciuti che ancora inneggiano a molotov e rivoluzioni, o che coprono i loro figli sbandati, privi di ideali e passione civile: si seguono piste anarchiche, ma che nobiltà anarchica coltivano questi disgraziati parassiti incapaci di costruire, di proporre, di operare per il bene.
Il Presidente della Repubblica citava nel suo messaggio di fine anno i postatori d’odio, ma non sono i frequentatori della rete quelli pericolosi; sono sempre gli stessi, Presidente, quelli che insanguinavano le strade degli anni di piombo che ben ricorda, quelli che ci impedivano di entrare a scuola o in università, i compagni che sbagliavano e che non hanno più casa, partito, non hanno più protezioni, adesso; e riversano odio, loro sì, ma non a parole, fingendo di animarsi per le popolazioni della Valsusa o per qualche discarica, o di correggere le devianze politiche degli avversari. Come dobbiamo chiamarli? Fascisti? No, i fascisti per loro e per tutti sono gli altri, quelli che ritengono in un paese democratico di poter avere una libreria. Chi li attacca ha liceità di farlo perché ce l’hanno spiegato da quarant’anni, i fascisti sono carogne, farli fuori è un merito. Ma chi sono i fascisti? Perché questi termini da relegare nei libri sono ancora usati per bollare avversari e delegittimarne le idee? Che responsabilità hanno la scuola, l’informazione, la politica, che hanno sempre visto il male da una parte sola, e faticano anche oggi a difendere i proprietari di una libreria affiliata a CasaPound, visto che i cattivi dovrebbero essere loro? Visto che in fondo dovrebbero meritarsela? E chi li ha attaccati, lo chiameremo giustiziere? Sotto sotto c’è chi lo pensa. C’è perfino chi pensa che un povero artificiere dalla vita distrutta — una mano, la vista — per compiere il suo dovere posa essere insultato solo perché porta con onore una divisa. C’è qualcuno che ha avuto il coraggio, in queste ore, di dispiacersi con CasaPound e offrire solidarietà? Senza condividerne per nulla pensieri e metodi. Senza pensare alla totale innocenza di chi forse avrebbe potuto compiere gesti similari. Ma la realtà coi se non si compone: la realtà impone di essere guardata senza distorcerla. E di essere giudicata senza pregiudizi, senza paraocchi, con imparzialità e coraggio. I fascisti, chi sono?