Ha parlato su possibili rischi di attentato in Italia, tra Roma, Milano e obiettivi più sensibile, il presidente del Copasir, organo principale dei servizi segreti italiani. È Giacomo Stucchi a parlare al Tempo dopo le attentati di Berlino e Istanbul, e prova a trattare la paura per gli attacchi anche per i prossimi mesi: «La paura e` comprensibile. Non e` certo per una questione di fortuna se da noi, fino ad oggi, non ci sono stati attentati di matrice jihadista; e` il risultato di un prezioso lavoro silenzioso svolto quotidianamente da tante persone capaci e preparate. Cio` non significa, tuttavia, e dobbiamo essere onesti nell’ammetterlo, che noi non si sia nel mirino al pari delle altre comunita` occidentali e che, quindi, nel futuro non possa accadere qualcosa». Secondo Stucchi la vera minaccia arriva sia dal web e sia dalla profonda radicalizzazione islamista che ancora in maniera lieve nel nostro Paese rispetto ad altri comunque si registra in questo ultimo periodo. «Dalla radicalizzazione al terrorismo il passo puo` essere breve e, comunque, nessuno puo` escludere che alcuni soggetti possano essere indotti ad agire da criminali esercitando e portando violenza nelle nostre citta`. La strategia giusta consiste nel non abbassare mai la guardia. Occorre aumentare i controlli sul territorio, nelle carceri, sul web e in particolare nel dark web, dove si svolge il 90% delle attivita` problematiche di tutta la rete internet, ricordando da ultimo che oggi e` proprio il web, per la sua facilita` di frequentazione, ad essere luogo in cui e` piu` agevole iniziare un percorso di radicalizzazione», conclude l’intervista il capo del Copasir.
I numeri del rapporto su possibili attentati in Italia e sul pericoloso rischio della radicalizzazione nel nostro Paese sono allarmanti anche se assai meno gravi rispetto ad altri Paesi Europei come Francia e Germania. Gli studi, frutto della commissione sul fenomeno dell’estremismo e del terrorismo islamista sono stati consegnati ieri al premier Gentiloni che con il ministro degli Interni, Marco Minniti, hanno tenuto poi un vertice per operare le ultime decisioni in materia di terrorismo. Sarebbero ad oggi 153 i detenuti nelle nostre carcere con pericolosi legami con l’Isis e le organizzazioni terroristiche jihadiste e da lì bisogna ripartire per evitare che il fenomeno si diffonda esponenzialmente. Tra quelli invece in libertà, pareti dall’Italia per unirsi all’Isis sul fronte siriano, sarebbero 6 quelli ad aver fatto ritorno e ricercati con massima allerta dalle forze di intelligence italiane. I numeri riportati dal Messaggero sul rapporto anti-radicalizzazione vedono punti purtroppo urgenti: «Da gennaio ad agosto 2016 – si legge nel rapporto – sono stati segnalati dai carabinieri del Ros oltre 2.000 potenziali terroristi. Nel 2015 erano 1.400. Sotto osservazione per legami fattuali ed ideologici con il terrorismo sono 345; tra questi 153 sono classificati come ad alto rischio radicalizzazione: 18 sono italiani convertiti e 35 i condannati per terrorismo».
Rientrati in Italia sei sostenitori dell’Isis, partiti nei giorni scorsi verso Iraq e Siria per unirsi al Califfato. “Returnees”, come vengono chiamati in gergo, ed un numero ancora basso di presenze nel nostro territorio. Questa l’analisi del Viminale, che ha individuato in tutto 17 fra fuggiaschi, pentiti e disertori. Le motivazioni che li hanno portati ad abbandonare l’ala protettrice di Al Baghdadi sono disparate, ma a creare maggiore allarme è la facilità con cui il loro numero aumenti nel giro di poco tempo. E’ ciò che si evince dal rapporto che la Commissione Indipendente di Palazzo Chigi ha consegnato ieri a Marco Minniti, Ministro dell’Interno ed al Premier Paolo Gentiloni. Allo scenario preoccupante si aggiunge anche l’urgenza di prevedere un trattamento giudiziario mirato, che offra un’alternativa valida al terrorismo in caso di ravvedimento. La difficoltà maggiore è infatti stabilire il livello di coinvolgimento di ogni persona in assenza di prove certe.
Il Governo Italiano continua nella propria opera di prevenzione per cercare di bloccare sul nascere eventuali azioni terroristiche da parte di membri dell’Isis. È infatti di questi minuti la notizia, battuta dall’Ansa, che il Ministro dell’Interno Marco Minniti ha firmato un provvedimento di espulsione per un tunisino nella città di Ravenna. Nella motivazione si legge “sicurezza dello Stato”. Si tratta della seconda espulsione di questo 2017 per un computo complessivo pari a 134. In questo caso il provvedimento ha colpito un 26enne tunisino residente a Ravenna che aveva un permesso di soggiorno ottenuto nel 2011 in quanto sposato con una cittadina italiana con la quale peraltro il rapporto pare essere terminato. L’uomo è stato rimpatriato dall’aeroporto di Roma – Fiumicino con un volo diretto a Tunisi. Stando alle indagini, sembra che l’uomo avesse stretto amicizia con un aspirante foreign fighter tunisino. Tra i due c’è stato un scambio di battute sui social network che hanno lasciato intendere la volontà di essere protagonisti di possibili attentati.
La sfida più importante per l’Italia nei prossimi mesi e anni, in maniera da prevenire eventuali attentati a Roma, Milano o altri obiettivi sensibili, per il Viminale rappresenta la lotta estrema alla radicalizzazione. Negli altri paesi europei e anche in alcune cellule qui nel nostro Paese, l’Isis e altre sigle terroristiche preparano i loro “soldati” con un lavaggio del cervello e una fidelizzazione attraverso il fondamentalismo. Riuscire a bloccare sul nascere queste operazioni è praticamente impossibile, ma deve essere la sfida reale per l’intelligence come per la semplice integrazione nelle scuole, insomma ad ogni grado sociale. Secondo Lorenzo Vidoni, professore che guida la Commissione sulla radicalizzazione del Viminale, ha parlato in conferenza stampa oggi assieme a Gentiloni e Minniti raccontando gli obiettivi del lavoro sulla radicalizzazione islamica, sopratutto sul web. «I jihadisti provenienti dall’Italia «sono poco più di 100», un numero inferiore rispetto a quello registrato in altri Paesi europei. Nei fenomeni di radicalizzazione l’Italia è 5-10 anni indietro rispetto ad altri Paesi europei, vediamo ora in Italia le tendenze che in altri Paesi vedevamo 5-10 anni fa. Anche in Italia però si vede un lieve aumento. Bisogna lavorare alla deradicalizzazione dei foreign fighters, anche se in Italia il fenomeno è lieve, perché una grande democrazia non lascia mai nulla di intentato sul tema del recupero».
Dopo il premier Gentiloni è stato anche il ministro degli Esteri Marco Minniti ad intervenire sul tema molto delicato del terrorismo in Italia e i rischi-attentato a Roma, Milano e nei principali luoghi sensibili del nostro Paese. Nella conferenza stampa post-vertice sull’allarme terrorismo anche in Italia, l’esperto di intelligence del Viminale ha esordito così: «la cosa più sbaglia da fare è un’equazione immigrazione-terrorismo. Dal mio giuramento è passato meno di un mese e da allora ho lavorato perché intendo – e su questo non recedo di un millimetro – presentare una proposta organica e complessiva al Parlamento italiano, come giusto che sia. È giusto che il Parlamento, maggioranza e opposizione, possano valutare in maniera serena e adeguata». Per fare questo però, il Governo ha avanzato un’ipotesi che possa cercare il più possibili di limitare il problema di infiltrazioni terroristiche nei tantissimi migranti che arrivano ogni giorno nel nostro Paese. «I Cie (Centri di identificazione ed espulsione) che dovranno ospitare le persone irregolari da respingere e dovrebbero essere uno in ogni Regione e non avranno nulla a che fare con quelli del passato. Punto. Non c’entrano nulla perché hanno un’altra finalità, non c’entrano con l’accoglienza ma con coloro che devono essere espulsi. Parliamo di 1.500/1.600 posti in tutto, in un Paese con 60 milioni di abitanti», ha assicurato il ministro dell’Interno.
Una conferenza stampa per provare a spiegare i provvedimenti del governo sul problema del terrorismo in Italia, con l’allerta “attentato” che mai come in questi ultimi mesi è alta nel nostro Paese. Questo ha appena tenuto il premier Gentiloni assieme al Ministro degli Interni, Marco Minniti, al seguito del vertice sul terrorismo che metterà in cantiere provvedimenti e strette sulla sicurezza nei prossimi mesi del 2017; «Il lavoro degli esperti sulla radicalizzazione non si ferma, ma continuerà nei prossimi mesi. Ma per combattere la radicalizzazione bisogna prima capirla: ad esempio, Carceri e web sono i principali luoghi di radicalizzazione e da qui bisogna partire per poter combattere al meglio il pericolo attentati e stragi nel nostro Paese». L’impegno del governo è ai massimi livelli, nonostante Gentiloni tenga a sottolineare come l’Italia abbia un numero minore di radicalizzati o foreign fighter, rispetto ad altri paesi. Collaborazione tra governi, intelligence e scambi di informazioni in Europa e con i paesi islamici moderati: questa una delle ricette proposte dal ministro Minniti davanti alla platea di Palazzo Chigi.
Il pericolo terrorismo in Italia è più alto di quel che potremmo pensare: la conferma arriva dal documento diramato dalla Polizia di Stato agli organi di controllo nazionali con l’obiettivo di intensificare le attività di controllo. «Massimo impulso ai servizi di prevenzione a carattere generale» e «massimo scrupolo operativo» sono alcuni dei concetti ribaditi nella circolare interna che Tgcom24 ha pubblicato in esclusiva. Il rischio che venga realizzato entro il 6 gennaio un attacco terroristico di matrice islamica è alto per la Polizia di Stato, secondo cui potrebbe essere fatto «con l’impiego di droni e di autovetture già oggetto di furto, contro obiettivi civili in Italia». La minaccia terroristica riguarda in particolare aeroporti, centri commerciali e terminal bus, cioè quei luoghi che in occasione delle feste sono maggiormente affollati. Di conseguenza, è stato rafforzato il piano di sicurezza vigente con il coinvolgimento anche dei carabinieri e dell’esercito.
Il responsabile della Sezione Sicurezza è stato interpellato dalla Polizia di Stato con una circolare interna che sta facendo discutere: gli è stata chiesta, infatti, prevenzione a carattere generale in vista dell’Epifania 2017 a causa dell’allarme terrorismo. Gli è stato, quindi, chiesto di «sensibilizzare il personale del Dispositivo di Sicurezza aeroportuale» e di porre particolare attenzione a «obiettivi istituzionali e di governo, esercizi commerciali, terminal bus, autonoleggio, depositi bagagli, veicoli parcheggiati, cassonetti e cestini dei rifiuti». La vigilanza nei confronti di persone con eventuali comportamenti anomali e sospetti dovrà essere assidua: questa è un’altra delle richieste presentate al responsabile di Polizia Giudiziaria attraverso la circolare pubblicata in esclusiva da Tgcom24. L’allarme terrorismo, però, riguarda in particolare Milano: è stato segnalato il pericolo di attentati di matrice islamica nel capoluogo lombardo. L’intelligence e le forze di polizia starebbero indagando su due cittadini tunisini.