La storia che il Gazzettino di Padova racconta in questi giorni è molto forte e richiama alla mente i recentissimi casi di Dj Fabo e Charlie Gard, seppur diversissimi: tra eutanasia, disabilità e stato vegetativo, la distanza sottile tra vita, dolore e morte viene richiamata da questa donna di 72 anni e questa figlia di 54, da 28anni insieme a vivere una storia drammatica e dolorosissima. La figlia Roberta Piantella è infatti in coma e stato vegetativo dal 1988, ovvero da quando aveva 26 anni: una giovane vita spezzata da un ictus, era mamma da quattro anni e aveva un bambino da due. Ma il destino ha scritto così: colpo improvviso e vita che improvvisamente è costretta a cambiare, con la mamma Silvana, oggi 72enne, che inizia ad assistere giorno dopo giorno, ora dopo ora quella figlia costretta a letto, supina, in un letto attrezzato per evitare le piaghe da decubito. Non ci sono movimenti corporei, solo quello degli occhi: un flebile soffio di vita che mamma Silvana spiega con fiera e orgogliosa volontà di non abbandonarsi allo sconforto e alla disperazione. Incredibilmente.
«I primi tre anni di degenza di Roberta qui a casa, spendevamo 900 mila lire al mese di nutrizione, quasi 12 milioni all’anno. Poi è intervenuta l’indennità di invalidità e l’accompagnatoria a sostenerci economicamente e ora le spese mediche sono coperte dal sistema sanitario, perché quello di mia figlia è a tutti gli effetti un ospedale a domicilio, tant’è che il dottor Ruggero Bertoli, medico di base, da 25 anni viene tutte le settimane, come pure il chirurgo Angelo Giacomazzi, che considero i miei due angeli custodi». Una vita segnata, terribilmente segnata quella di Silvana: poco prima dell’ictus era infatti morto il marito Giancarlo con il quale aveva già avuto un piccolo bimbo di un anno: una circostanza fatale che scatenò probabilmente la tragica ischemia.
“VORREI CHE IL PAPA CI SCRIVESSE”
Ma invece che urla di disperazione e richieste dei giusti e consueti tentativi di provare a verificare eventuali miglioramenti in futuro per quella giovane donna sfortunata, nella famiglia di Roberta a Silvana Piantella “succede” qualcosa: nessun miracolo, ma una costante fiducia che anche quella massacrante assistenza 24 ore su 24 (per la mamma) e quel soffitto della stanza di casa che diviene l’unico orizzonte per 28 anni (per la figlia), è comunque vita. «Quando qualcuno mi chiede se sono favore all’eutanasia rispondo di no, anzi mi arrabbio con chi si sottopone e anche con chi la pratica, perché da cristiana dò valore al dono inestimabile della vita, che dà e toglie solo Dio»: ecco, un punto misterioso che attraversa la vita di questa anziana e combattiva madre. Una fede che permea il dolore più grande della vita, vedere un figlio o una figlia soffrire le pene dell’inferno senza poter fare nulla, se non assistere e voler bene a quell’estremo disagio. Non solo, mamma Silvana racconta a Germana Cabrelle sul Gazzettino, «la condizione di mia figlia ha sicuramente un significato nei disegni imperscrutabili e santissimi di Dio e anche la mia assistenza a lei. Quando chiedo a voce alta a mia figlia se è contenta di essere qui con me, lei mi risponde sbattendo gli occhi e sorridendomi. Dunque, quando io la vedo tranquilla, a mia volta sono tranquilla che sto facendo la cosa giusta». Ora mamma Silvana è stata anche operata per un cancro al seno – scoperto tra l’altro proprio mentre stava sollevando Roberta – e a una persona normalissima viene da chiedersi, “perché tutto questo?”.
Una risposta non vi è. Non vi è una teoria che possa spiegare il perché di tutto quel dolore a fronte di una fede così solida: «Mi piacerebbe che Papa Francesco scrivesse una lettera a Roberta. Vorrei farle questo regalo. E farlo a me, di riflesso, per un conforto». Chiede un rapporto con il vertice più alto della Chiesa di Cristo sulla Terra: un sorriso, un saluto. Appunto un rapporto. Quello stesso rapporto che da 28 anni permette di non gettare ogni speranza sotto le evidenze mediche di una vita ad un passo dalla morte. Un amore che va oltre e che attende una serenità che l’eutanasia, parola di mamma Silvana, non potrebbe darle: una “pazza”? Non crediamo, una donna. Anzi, una madre che accoglie un’altra madre. “Tutto” qui.