E’ giunta oggi la condanna a carico di Valentina Aguzzi, la donna di 44 anni di Milano che nel marzo di un anno fa uccise il compagno Mauro Sorboli con un colpo di katana alla gamba tale da recidergli l’arteria femorale. Stando a quanto riportato l’edizione Milanese di Corriere.it, la donna è stata condannata a 12 anni di reclusione con l’accusa di omicidio preterintenzionale. E’ stata la Corte d’Assise, oggi, a riqualificare il reato da omicidio volontario a preterintenzionale, riconoscendo in favore di Valentina anche le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di uso dell’arma. La Corte ha anche deciso di sospendere alla donna la potestà genitoriale in merito ai due figli di 26 e 13 anni, avuti entrambi da un precedente matrimonio. A carico della Aguzzi anche tre anni di libertà vigilata. Nonostante le motivazioni della sentenza saranno rese note solo entro i prossimi 60 giorni, la difesa della donna condannata ha già annunciato ricorso in appello.
IL PM: “IMPUTATA ONESTA, HA CERCATO DI RIMEDIARE”
Valentina Aguzzi raccontò prima agli inquirenti e successivamente anche in aula di aver avuto un litigio con il compagno 40enne per motivi banali, ovvero perché lui non le aveva lasciato nulla per pranzo. Da qui l’intervento della donna che, in preda all’agitazione, aveva afferrato la katana e dopo averla sfoderata aveva minacciato di suicidarsi. Stando alla ricostruzione dell’accusa, successivamente la 44enne avrebbe sferrato la spada giapponese contro il compagno. La conferma di ciò sarebbe giunta in seguito ad una telefonata che la stessa Valentina fece ai soccorritori dopo essersi accorta della grande perdita di sangue dell’uomo dopo avergli reciso l’arteria femorale. Il pm ha ribadito il forte stato di agitazione dell’imputata al momento della telefonata così come la sua sincerità quando ha ammesso di aver lanciato il coltello. Nel corso della sua requisitoria, il pubblico ministero Silvia Arduini ha evidenziato la forte rabbia provata dalla Aguzzi ma anche il suo successivo pentimento; a sua detta l’imputata “è stata onesta, ha detto la verità e ha cercato di rimediare a quello che aveva fatto” e per questo aveva chiesto 14 anni di carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, reato poi declassato dalla Corte che ha stabilito i 12 anni di reclusione.