Dopo la revoca dello status di rifugiato firmata ieri dal presidente Michel Temer, a Cesare Battisti è stata tagliata l’erba sotto i piedi. La sua difesa sostiene che l’atto presidenziale di Ignacio Lula, emanato nel 2009, non è in nessun caso revocabile, neppure da un nuovo presidente. La giurisprudenza brasiliana sul punto non dovrebbe però gettare un nuovo salvagente al pluriomicida. Un atto presidenziale non è revocabile se è un decreto di grazia, che è prerogativa regale, e qui il caso è diverso. Si trattò, da parte di Lula, della correzione di una sentenza del Tribunale Supremo. Quest’ultimo negava esistesse al tempo il rischio di una persecuzione per Battisti, Lula era di parere diverso. Davanti a una nuova richiesta italiana di estradizione il nuovo presidente ha ben diritto di gettare un occhio e decidere da sé.
Insomma, Battisti, quanto al diritto, deve essere estradato. Quanto alla morale, deve scontare la pena. Quanto alla politica, stavolta non ci sono movimenti d’opinione in Italia, Brasile e neppure ormai in Francia che si mettano in mezzo per impedire l’esecuzione del mandato d’arresto e il trasferimento in Italia.
Viene un sospetto, conoscendo l’astuzia dell’ex militante dei Proletari armati per il comunismo, nonché rapinatore e killer. Come ha ben spiegato nei giorni scorsi su ilsussidiario.net Enzo Cannizzaro, esistono clausole nel trattato di estradizione in vigore tra Brasilia e Roma che consentirebbero al ricercato di svicolare qualora ci sia un clima di persecuzione che possa metterlo in pericolo o non garantirgli una detenzione secondi standard umanitari e in condizione di sicurezza. Ed ecco la possibile furbizia di Battisti in azione. Non c’è infatti alcun dubbio che il latitante stia provocando l’opinione pubblica italiana spingendola a un odio verso di lui costruito con gesti volgari e premeditati: la fuga mascherata con la bugia ridicola della partita di pesca, il brindisi beffardo, il progetto ostentato di farsi una villetta. Di certo oggi è l’uomo più detestato d’Italia. Scommettiamo che i suoi difensori si appelleranno a questo sentimento popolare per indurre gli organi di giustizia brasiliani a impedire sia dato in pasto alle belve italiche? Vedremo.
Intanto, fatto salvo il dovere di far applicare la giustizia, vale il monito che proprio ieri Papa Francesco indirizza a tutti, cristiani e non: “Mai nessun uomo, neppure l’omicida perde la sua dignità personale”. Mai cedere al rancore.