La lotta dei Caregiver continua nonostante la mancanza di aiuti dello Stato. Marisa Tavano è una delle tante mamme che devono affrontare la burocrazia e le ingiustizie nel prendersi cura della figlia Gaia, disabile di 16 anni. Una storia raccontata dalla donna ai microfoni de Il Mattino: “Com’è la mia giornata? Pesante. Fisicamente e psicologicamente. Solo chi vive con un disabile riesce a capire di che pesantezza parlo: per noi la giornata dura 24 ore, senza tregua, senza interruzioni”. Una battaglia quotidiana anche contro le ingiustizie, continua Marisa: “Quelle di non veder riconosciute le leggi che tutelano i disabili. Ogni giorno è una battaglia, ogni giorno c’è l’imprevisto da affrontare, con gli altri che mettono i bastoni fra le ruote”. Gli altri che hanno un volto e un nome: “Gli altri sono la scuola, il Comune, l’Asl. Ho sedici anni di ingiustizie che potrei raccontare – sottolinea Marisa Tavano, madre di Gaia – come me migliaia di altre madri che si prendono cura dei propri figli”.



“HO DOVUTO VENDERE IL NEGOZIO”

Una battaglia che si ripresenta ogni giorno da 16 anni, con tanto di negozio di famiglia venduto: “Mia figlia ha 16 anni e fino a che non è andata a scuola, andava tutto bene perché riuscivo a organizzare la quotidianità. Quando l’ho iscritta alla scuola materna, credevo di poter pianificare ancora meglio la mia vita, di riprendere a lavorare con maggiore impegno: niente di più sbagliato. Ho dovuto vendere il negozio e dedicarmi totalmente a lei”. E Marisa Tavano, come altre donne, non ha avuto il supporto di nessuno, anzi: “La scuola rifiutò l’iscrizione, sebbene l’avessi fatta nei modi e nei tempi giusti, poi una volta accettata, mancava il banchetto adatto a lei, e poi la maestra di sostegno, l’assistenza materiale, il bagno non a norma, l’assenza di trasporto scolastico… Da lì è iniziato il caregiver fisico e mentale, dovevo intervenire sempre e continuo a farlo ancora oggi perché nella vita di un disabile niente scorre nella normalità”. E l’ultima battaglia è recente: “L’ultima battaglia alla scuola media per ottenere l’ascensore: ci ho messo tre anni. Oltre al lavoro fisico notevole subiamo impegni che logorano il cervello. Ho 60 anni ma me ne sento 100”.



“CHI HA UN FIGLIO DISABILE NON VEDE FUTURO”

Per poter aiutare e dare fiato a Marisa Tavano, come a tante altre persone, potrebbe essere assegnato un contributo ai caregiver: “E certo. Consideri questo: ho un cuscinetto della scapola infiammato, richiederebbe riposo e non lo sforzo di gestire da sola 40 chili di ragazza vivacissima. Gaia è presente, comunica con alcune parole e gesti, ma ha bisogno di un’assistenza totale che gestisco da sola”. Anche perchè Gaia: “è una ragazza piena di energia che non lascia tregua, notte e giorno. Con un contributo potrei assumere una persona di fiducia e prendermi una tregua di qualche ora al giorno”. Un contributo necessario, dunque, con l’assistenza domiciliare non sufficiente: “Non basta per nessuno. Abbiamo tutti poche ore a settimana: per Gaia ne ho 10 e in quelle ore aiuto l’assistente a farle una doccia, a farle fare i compiti, bere i succhi di frutta… sono cose che lei non ama fare e se glielo chiedo io fa i capricci mentre ho constatato che con l’assistente le fa. In quelle 10 ore faccio la madre agli altri miei due figli, di 23 e 20 anni”. Un aiuto che serve per dare futuro: “Chi ha un figlio disabile il futuro non lo vede. Se potessi, vorrei morire un minuto dopo Gaia, se dovessi venire a mancare prima io, morirei con il rimorso di saperla sola, senza nessuno che si prenderà cura di lei”.

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