Erano usciti per risalire l’Imp Peak, ma sono stati spazzati via dalla neve: lui è riemerso, ha cercato la fidanzata per tre ore, ma non è riuscito a salvarla. Allora è tornato indietro, alla loro casa, per suicidarsi. Protagonisti di questa tragedia sono Inge Perkins e Hayden Kennedy. Lo scalatore, senza più speranze, ha fatto trovare ai soccorritori il suo cadavere con una nota contenente le indicazioni per recuperare la fidanzata Inge. Hayden è sopravvissuto alla valanga, ma non alla perdita della compagna di vita. Il biglietto d’addio è una sequenza di numeri, coordinate Gps per far ritrovare quel corpo che ha cercato a lungo. «Prima di uccidersi ha lasciato tutti i dettagli e le spiegazioni sul sentiero da seguire, non voleva correre il rischio che rimanesse sepolta. Quando siamo arrivati, abbiamo trovato anche una pala ficcata nella neve per indicare la posizione», hanno spiegato i capi della Guardia Forestale ai giornali locali americani. Entrambi alpinisti esperti, erano considerati tra i migliori della loro generazione.
“L’ALPINISMO è UN DONO O UNA MALEDIZIONE”
Solo due settimane fa Hayden Kennedy ricordava Justin Griffin, morto in Nepal nel 2015, e Kyle Dempster, scomparso un anno dopo in Pakistan. In una riflessione per la rivista digitale Evening Sends aveva scritto di aver capito qualcosa di molto doloroso: «Effimeri non sono solo le cime memorabili o i gesti cruciali in parete. Transitori sono anche gli amici e i soci di cordata». Il 27enne aveva anche ammesso di essere sommerso da ondate di tristezza, oltre che le sue difficoltà nel concentrarsi e andare avanti. «È difficile accettare che nella vita non si possa controllare tutto. L’alpinismo è un dono o una maledizione». E l’ha scoperto con la fidanzata 23enne due settimane dopo. Nel 2012 zittì il rumore del compressore acceso da Cesare Maestri 42 anni prima a colpi di martello: così riportò silenzio sulla parete del Centro Torre in Patagonia. Si era trasferito in Montana dal Colorado per vivere con Inge, che stava per laurearsi in matematica.