Le Iene tornano sulla vicenda legata alla morte di Salvatore Barbaro, una delle tante vittime innocenti della camorra. Salvatore è stato ucciso sette anni fa per uno scambio di persone e le Iene, con l’inviata Roberta Rei, ha cercato di capire i motivi perché il giovane non sia stato riconosciuto vittima della criminalità organizzata. “Diversi parenti della vittima non sono da considerare estranei ad ambienti e rapporti delinquenziali”. Non bisogna avere parenti con gravi condanne sulle spalle secondo questa legge, ma non solo. Sono coinvolti i parenti fino al quarto grado di parentela: queste le motivazioni della famiglia di Salvatore Barbaro. Amaro il commento della madre del giovane ucciso dalla camorra, che ha parlato dei parenti incriminati: “Persone che non abbiamo mai incontrato per strada. Non ci siamo mai frequentati, che c’entrano questi parenti e che c’entra la vita di mio iglio che mi è stato ucciso”. (Agg. Massimo Balsamo)
L’APPELLO AL MINISTRO MINNITI
Salvatore Barbaro è una delle tante vittime innocenti della camorra, ucciso sette anni fa per uno scambio di persona. Sarà questa la storia raccontata questa sera dalla iena Roberta Rei nei programma di Italia 1. Nonostante questo, il giovane non sarebbe comunque stato riconosciuto vittima della criminalità organizzata. “Mio fratello non vale 800 né 3000 euro. Non c’è prezzo per la sua vita spezzata. Eppure abbiamo dovuto subire anche un altro colpo: il rifiuto da parte del ministero del riconoscimento dei benefici per le vittime di mafia”, aveva raccontato di recente la sorella Agnese al Corriere.it. Anche a distanza di diversi anni dalla morte assurda, la sorella chiede che la memoria di Salvatore resti viva e senza ombre. “Non è giusto che non abbiano riconosciuto i benefici per le vittime innocenti delle mafie, non è possibile che prevalgano burocrazie e cavilli senza logica. Le istituzioni dove sono?”, si domanda la donna, che quasi sicuramente rivolgerà lo stesso appello anche oggi nel corso della trasmissione Le Iene. “Mi rivolgo al ministro Minniti, perché io credo nello Stato: ci aiuti e riconosca mio fratello vittima innocente della camorra. In un paese come il nostro martoriato dalle faide non possono esserci vittime di serie A e vittime di serie B”, aveva aggiunto la sorella al quotidiano. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
IL DELITTO DEL GIOVANE NEL 2009
Quella di Salvatore Barbaro è una storia tragica, come spesso capita quando c’è di mezzo la camorra. Nel 2009, per il solo fatto di guidare lo stesso modello di automobile dell’obiettivo di un clan, venne freddato da un commando di killer. Per quell’omicidio gli esecutori materiali avrebbero dovuto ricevere 3000 euro come ricompensa, questo vale un omicidio di camorra. Il fatto di aver sbagliato obiettivo, come ammise davanti agli inquirenti la capoclan, Alessandra Madonna, fece sì che al killer vennero corrisposti “solo” 800 euro. Dettagli squallidi, incommentabili, che lasciano il tempo che trovano per la famiglia di Salvatore, uno che con la criminalità organizzata non ha mai avuto nulla da spartire. Lui che per la famiglia aveva iniziato a lavorare giovane, dopo la morte del padre, ora che è in cielo vorrebbe quanto meno che ai suoi cari venisse riconosciuto il risarcimento destinato alle vittime di mafia. Così non è, nonostante i tribunali e gli stessi camorristi abbiano riconosciuto e ammesso che di scambio di persona si è trattato. Della vicenda si è occupata anche l’inviata de Le Iene Show, Roberta Rei, che stasera gli dedicheranno un intero servizio.
SALVATORE BARBARO E I PRESUNTI LEGAMI CON LA CAMORRA
A spiegare perché alla famiglia di Salvatore Barbaro non sono stati riconosciuti i benefici riservati alle vittime della criminalità organizzata, in una recente intervista a Il Corriere della Sera, è stata la sorella della vittima, Agnese:”Dicono che abbiamo parenti vicini alla camorra. Questi parenti esistono ma noi non li abbiamo mai frequentati, facciamo la nostra vita con sacrificio. E poi che c’entrano con mio fratello e con la sua morte da innocente? Se loro hanno scelto di avere a che fare con quella “merda”, perché solo così posso chiamare chi vive di camorra, noi non possiamo farci niente. Ma certamente ne siamo stati sempre lontani“. Il dipartimento per le libertà civili ha infatti comunicato ai familiari che “non è raggiunta la prova della completa estraneità da parte del contesto familiare della vittima ad ambienti e rapporti delinquenziali“. Può una semplice parentela compromettere il processo della giustizia?