Lo conoscevano tutti Harvey Weinstein. Tutti sapevano cosa faceva con le donne. Tutti in qualche modo hanno girato la testa dall’altra parte. Anzi, sono stati complici: la lettura del caso-scandalo negli Usa data da uno produttore e sceneggiatore anche amico di Weinstein, Scotto Rosenberg, è di quelle pesanti, ma di una lucidità incredibile. «Tutti sapevamo. Ma tutti abbiamo scelto di tacere perché in fondo tutti avevamo bisogno di Weinstein»: non sa giri di parole il produttore, tant’è che dopo qualche ora dalla pubblicazione del lunghissimo post di denuncia su Facebook lo stesso scritto è stato rimosso (non si capisce se dal diretto interessato o dallo stesso social network) e noi possiamo proporre quanto ha detto grazie a Mashable e alla traduzione in italiano fatta da Dagospia. Rosenberg è uno dei produttori più celebri di Hollywood, con Weinstein in tantissime pellicole di grande successo (“Con Air” e “Alta Fedeltà”, ma anche “Pulp Fiction”, “Will Hunting” e tanti altri): «Harvey e Bob hanno prodotto i miei primi due film. Poi mi hanno ingaggiato con un contratto a lungo termine. Poi hanno comprato una mia sceneggiatura horror sulle Dieci Piaghe. Per un sacco di soldi. E poi hanno comprato quella mia sceneggiatura sul motociclista-mannaro. Che non piaceva a nessun altro ma che era la mia preferita. Avrebbero pubblicato il mio romanzo. Mi hanno consacrato. Hanno fatto in modo che gli altri studios pensassero che fossi the real deal (quello giusto). Mi hanno dato la mia carriera». In questo modo il produttore spiega come e perché per lui quell’uomo era una vera gallina dalle uova d’oro, ma il problema è che non fu solo Rosenberg a pensarlo, ma praticamente tutti.
LO SAPEVANO TUTTI A HOLLYWOOD
«I fratelli volevano creare una ‘famiglia di film’. E hanno fatto esattamente questo… Non vedevamo l’ora di incontrarci in quel posto. Le riunioni diventavano programmi che poi diventavano notti folli in giro per la città. Per farla breve: Miramax era una figata. Quindi sì, io c’ero. E lasciatemi dire una cosa. Lasciatemi essere perfettamente chiaro su una cosa: tutti sapevamo, caz…». È durissimo ed esplicito e vuole rimarcare quel suo essersi “venduto” al mito, al divo che nel mondo del cinema faceva letteralmente quello che voleva. Non sapevano che stuprasse ma che aveva quei comportamenti lì con tutte le donne lo sapevano eccome: «Sapevamo della fame di quell’uomo; il suo fervore; il suo appetito. Non c’era niente di segreto sulla sua rapacità vorace; come un orco insaziabile uscito dalle favole dei fratelli Grimm. Tutto avvolto in promesse vaghe di ruoli nei film. (e, questo deve essere detto: c’erano molte che cedevano davvero al suo fascino ingombrante. Volontariamente. Che di sicuro lo avrà solo incoraggiato a lanciare la sua rete fetida in modo ancora più ampio)». Quella parentesi usata da Rosenberg non farà piacere alle tante attrici e donne che in questi giorni stanno accusando Weinstein di averle molestate: «se il comportamento di Harvey è la cosa più disgustosa che uno possa immaginare, al secondo posto (di poco) c’è l’attuale ondata di condanne ipocrite e smentite che si infrange su queste coste di rettitudine come una marea di virtù farlocca». Ne ha per tutti: registi, produttori, attrici, agenti, finanzieri, studios, attori, modelle, giornalisti, rockstar, politici, sceneggiatori. Insomma, “tutti sapevamo, caz…” e il refrain continua.
“MI SCUSO E MI VERGOGNO PERCHÈ SONO STATO COMPLICE”
Il fattore interessante però, in nostra opinione, risiede nel fatto che il produttore non si pone su di un piedistallo giudicando moralmente qualcuno. No, si immette nella stessa melma che racconta, si dà la colpa per quanto successo e non chiede alcun tipo di “comprensione patetica”: «sapevamo che qualcosa bolliva sotto la superficie. Qualcosa di odioso. Qualcosa di marcio», spiega il produttore nella lettera-sfogo. Ed ecco qui il passaggio cruciale, quello che in pochi in questi giorni di scandalo Weinstein stanno raccontando. Anzi, quasi nessuno: «E questo è patetico quanto vero: Che avremmo dovuto fare? A chi avremo dovuto dirlo? Le autorità? Quali autorità? La stampa? Harvey aveva la stampa in pugno. Internet? Non c’era internet o qualcosa che ci somigliasse». Le feste, le donne, le molestie, i ricatti: era tutto permesso, perché tutti ne traevano vantaggio, a parte le poche povere vittime che non hanno fatto carriera e che per anni non sono state credute dopo le loro sparute ma esistenti denunce. «Lui dava, dava, e dava. E i suoi soldati dovevano ripagarlo con una fedeltà degna di un padrino mafioso. Era glorioso, tutto. Che sarà mai se era un po’ prepotente con qualche giovane modella? Perché avremmo dovuto noi fermare il gioco? La gallina dalle uova d’oro non capita molte volte nella vita di un uomo. Ci servivano le uova. Okay, forse non ci servivano ma ci piacevano davvero davvero molto».
La “confessione” di Rosenberg è schietta, diretta e sebbene inquietante, del tutto veritiera: «sarò eternamente dispiaciuto, per tutte le donne che hanno dovuto subire. Il loro coraggio è un faro che illumina la mia vergogna. Mi scuso e mi vergogno, perché alla fine sono stato complice, non ho detto niente. Harvey con me è stato meraviglioso quindi mi sono preso i benefici e ho tenuto la bocca chiusa. Ma anche tutti voi dovete scusarvi. Voi sapete chi siete. Sapevate tutto e sapete che io so che ne eravate al corrente perché ero lì con voi. E perché tutti, tutti sapevano». È un mondo particolare che racconta Rosenberg, cari lettori, ma non pensiamo essere poi così distante dal nostro: magari con meno feste e meno belle donne, ma con quel mai fino in fondo sconfitto vizio del potere di sedurre tutti, dai poveri ai ricchi, e che senza una presa di posizione forte, libera e “contro-corrente” rischia davvero di travolgere tutto e tutti. Il punto è capire da dove si origina quella “posizione” forte che serva a contrastare il potere: di certo non con un altro potere, opposto ideologicamente, ma pur sempre potere. Occorre uno spunto libero, quello stesso che sarebbe servito nella marea informe di “melma” che ha visto come vertice (ma non come unico elemento) Harvey Weinstein.