Il nome di Daniela Poggiali era salito agli onori della cronaca tre anni fa per i casi di morti sospette in ospedale e che l’avevano vista a processo per l’omicidio della 78enne Rosa Maria Calderoni. Condannata all’ergastolo in primo grado, era stata poi assolta in appello lo scorso 7 ottobre e da allora aveva manifestato l’intenzione di poter tornare a svolgere la sua professione di infermiera nel medesimo ospedale Umberto I di Lugo, in provincia di Ravenna. Ieri sera però è arrivata la conferma: la donna 45 di Giovecca è stata ufficialmente radiata dall’Albo degli Infermieri professionisti. La decisione presa dal consiglio direttivo dell’Ipasvi, l’albo di categoria, come riporta UrbanPost è giunta alle 22:00 di ieri, dopo la convocazione della Poggiali avvenuta due ore prima. Un provvedimento certamente severo giustificato dall’accusa di aver “screditato l’intera categoria” per via di alcuni selfie in cui era immortalata felice e sorridente accanto a pazienti morti o in fin di vita. Foto discutibili e macabre che avevano contribuito ad alimentare nei suoi confronti le accuse per le morti sospette nel nosocomio e che le costarono tre anni di reclusione prima del ritorno in libertà “perché il fatto non sussiste”.



LA GIUSTIFICAZIONE DELL’EX INFERMIERA: “STAVAMO SCHERZANDO”

Quelle foto assurde hanno contribuito all’applicazione della massima sanzione disciplinare applicata da Daniela Poggiali dal Collegio Ipasvi di Ravenna. A nulla sarebbero servite le scuse della donna rivolte al collettivo prima della drastica decisione giunta nella tarda serata di ieri e che ha sancito la radiazione dall’Albo degli infermieri. In attesa dell’ultimo verdetto in Cassazione per il caso delle morti sospette in ospedale, qualche tempo fa la Poggiali aveva giustificato quelle foto bizzarre asserendo: “Non sono dei selfie, come erroneamente è stato detto in questi anni. Si tratta di due scatti, due foto fatte da una mia ex collega. Foto fatte così … stavamo scherzando”. A sua detta, quello era stato un modo per “stemperare la tensione allucinante che c’è in reparto, per esorcizzare la sofferenza e il dolore”. Un modo certamente discutibile e immorale, come la stessa aveva ammesso. Prima di chiedere il silenzio sulla vicenda, aveva rivelato di aver ampiamente chiesto scusa anche alle famiglie di quei pazienti, ma anche in questo caso non sarebbe stato sufficiente ad evitarle quella “leggerezza”.

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