Andare all’Università come un normale studente, per chi è un Premio Nobel, può destare scandalo. E’ questo quello che è successo a Malala Yousafzai, il più giovane Premio Nobel per la Pace della storia. La ragazza pakistana, appena ventenne, è stata da pochi giorni accettata dalla prestigiosa (e un po’ decadente) Università di Oxford, per studiare economia, scienze politiche e filosofia. Naturalmente il suo ingresso nel mondo accademico è stato immediatamente oggetto di curiosi, che l’hanno fotografata all’ingresso dell’università mentre indossava dei jeans attillati e degli stivaletti marroni con tacco pronunciato. Come una ragazza qualunque, quindi. Eppure, sul web è scoppiata la polemica. Le fila dei detrattori sono improvvisamente aumentate a dismisura, composte soprattutto da chi l’ha ritenuta un’ipocrita. Si è letto: ‘E’ solo un’ipocrita, si dichiara musulmana eppure porta i pantaloni.’ Oppure: ‘Tra quanto Malala Yousafzai si toglierà il velo?’ E poi, la peggiore di tutte: ‘Finalmente viene spiegato il motivo per cui le puntarono una pallottola alla testa’. Questo, ad oggi, è anche il web.
I SOSTENITORI
Nel mare magnum dei detrattori e degli haters del Premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai, c’è anche qualcuno che ha visto favorevolmente questo gesto. Sempre che sia lecito parlare di gesto: dopotutto la ragazza (perché a vent’anni questo si è, dei ragazzi) è solo andata all’università vestita in modo casual. Comunque sia, sul web c’è anche chi la difende a spada tratta e chi la vede ancora come un esempio da seguire. Si legge: ‘Malala Yousafzai viene fotografata con i jeans e i tacchi e gli haters vanno fuori di testa. Con questa mentalità la società e le Nazioni non potranno che peggiorare.’ Ancora: ‘Le persone impazziscono di più adesso che Malala Yousafzai va in giro in jeans piuttosto che quando gli spararono. Le priorità dell’essere umano dimostrano che siamo noi i peggiori nemici di noi stessi.’ A mero titolo informativo ricordiamo che la ragazza subì un pesante attentato cinque anni fa, nel 2012, per il suo ruolo-chiave svolto nell’opposizione al regime talebano. Due anni dopo, nel 2014, la ragazza è stata insignita del Premio Nobel per la Pace per la sua attività relativa al diritto dei bambini di ricevere un’istruzione adeguata.