Sto cercando di trattenermi per non dire come una sorta di colata lavica tutto quanto mi ha generato la lunga intervista di Vito Mancuso, teologo, su Il Fatto Quotidiano del 20 ottobre 2017. Mi limiterò a mostrare alcuni aspetti che potremmo definire “interessanti” per il dibattito che può creare: il concetto di base è semplice, il metodo usato il medesimo. “Fare di tutta l’erba un fascio”: questo bel luogo comune potrebbe riassumere il senso delle affermazioni di Vito Mancuso. «L’Isis è meno pericoloso dello smartphone», o ancora, «l’integralismo islamico è uguale a certi movimenti cattolici che plasmano le giovani coscienze»; «più si esercita il dialogo più si genera la pace». E ci fermiamo qui: il punto di partenza è interessante, con Mancuso che prova a sostenere come nel giorni d’oggi paghiamo un prezzo altissimo al nostro nichilismo da bottega, al «nulla da bottega del particolare» che porta solo ad un primato dell’Io e a nulla di etico. L’analisi filosofica del teologo docente all’Università San Raffaele di Milano infatti spiega come «oggi si assiste alla detronizzazione di Dio per l’intronizzazione dell’Io. L’Io è Dio che perde la “d” iniziale e il desiderio diventa un lupo universale»: il problema è la conseguenza che arriva a portare Mancuso, ci pare, a voler “strafare” ergendosi a punto di giudizio per le dinamiche complesse e totalmente diverse tra loro che ha poi elencato nella sua intervista. Quali? Eccovi accontentati…



GLI INTEGRALISMI RELIGIOSI SONO TUTTI UGUALI?

«Oggi nella vita di ciascuno c’è un gigantesco chiacchiericcio ed è questa connessione cui tutti siamo esposti; è la grande minaccia di questo tempo oltre ai fanatismi politici e religiosi che ci sono sempre stati. Quella che ci impedisce di rimanere in silenzio. Lo smartphone è peggio dell’Isis, è una dittatura che può farci perdere la capacità creativa, capace solo di farci avere delle re-azioni. È un pericolo nuovo e pervasivo»: e verrebbe da dire, bravo Vito visto che il problema dei nostri giorni e delle nostre giornate in effetti passa da quell’iperconnettività del “tutti amici” ma nessun vero amico. Perfetto, però con quelle poche righe abbiamo lasciato “andare” alcuni assunti che forse meriterebbero di essere sviscerati e non “banalizzati”. La dittatura dell’Isis, del terrorismo e del fanatismo sono un problema che uccide generazioni di giovani, popolazioni intere e tiene sotto scacco praticamente mezzo mondo; “liquidarla” come un mero fanatismo che è simile a certi movimenti cattolici non solo è offensivo ma è di una sagacia logica prettamente inesistente. Possiamo anche prenderlo in buona fede, ma per “giustificare” il fine anche corretto del “occhio alla tecnologica perché rovinerà le nostre vite”, ci sembra inaccettabile arrivare a dire che i fanatismi e gli integralismi sono tutti uguali.



O meglio, paragonare il fascino della radicalizzazione islamica a quello che «certi movimenti cattolici esercitano su tante giovani coscienze, giovani che sentono una grande senso di unificazione che però porta alla contrapposizione, all’ostilità e alla chiusura», ci sembra oltremodo ingiusto. Perché non entra nel merito ma esercita il ruolo di “giudice” ultimo, piallando ogni possibile differenza per il fine della propria idea-ideologia iniziale: il punto non è il fascino esercitato nei giovani ma il fine e l’origine di quel fascino. Come si fa a tenere insieme il jihad islamico e l’Isis con il messaggio di Cristo e l’amore-Logos cristiano? “Di tutta l’erba un fascio”: un luogo comune a “cuor leggero”, forse, meriterebbe maggiore attenzione. Dialogo e non chiusura portano alla pace, siamo d’accordo su questo con Vito Mancuso: ma il dialogo deve essere incentrato su un’origine e un contenuto leale con la realtà. Non dovrebbe oltrepassarla o precederla…

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