Nei giorni scorsi, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia hanno depositato il documento di 380 pagine contenente le motivazioni della condanna all’ergastolo a carico di Massimo Bossetti. L’uomo per la seconda volta – e da due differenti tribunali – è stato definito l’assassino di Yara Gambirasio e per questo, anche secondo Enrico Fischetti, presidente della Corte d’assise di appello di Brescia, merita il carcere a vita. A portare alla sentenza dello scorso 17 luglio è stata non solo la prova genetica, ritenuta sin dall’inizio la “prova regina”, ma anche “una serie di elementi indiretti che uniti tra di loro consentono di giungere a una sicura affermazione di responsabilità”. Anche per i giudici di Brescia, dunque, non ci sarebbero dubbi sulla colpevolezza del muratore di Mapello. Sul caso tornerà ad occuparsene stasera la trasmissione Quarto Grado, ripercorrendo le varie fasi processuali e accogliendo il parere della difesa di Bossetti. Dopo aver stabilito l’importanza della prova del Dna, non sarebbe stata più necessaria una ulteriore perizia fino all’ultimo richiesta dall’imputato e dai suoi avvocati. Ma a ribadire la colpevolezza dell’uomo, padre di tre figli, ci sarebbero anche altri elementi come il suo telefonino rimasto spento nell’ora in cui Yara Gambirasio spariva, la sua presenza a bordo del furgone nei pressi della palestra frequentata dalla ragazzina, il buio attorno al giorno in cui della 13enne si persero le tracce e la presenza di polvere di calce sulla vittima e sulle ferite oltre alle fibre che riportano ai sedili del furgone di Bossetti sui suoi vestiti. Secondo la Corte d’Assise d’Appello, riporta Corriere.it, contro Massimo Bossetti ci sarebbero anche i suoi stessi ricordi che lo avrebbero tradito confermando la sua responsabilità: da quello sul cellulare scarico a quello del campo pieno di fango, salvo poi far calare il buio più totale sul giorno del delitto di Yara.



ESTER ARZUFFI TORNA A GRIDARE L’INNOCENZA DI MASSIMO BOSSETTI

Mentre si discutono le motivazioni della seconda condanna all’ergastolo a carico di Massimo Bossetti, ad intervenire è ancora una volta la madre dell’uomo, Ester Arzuffi, in prima linea in difesa della sua innocenza. La donna non ha mai creduto per un solo istante che il figlio potesse avere qualcosa a che fare con il delitto di Yara Gambirasio, avvenuto nel novembre 2010. Anche dopo il deposito delle motivazioni, però, la donna non si arrende ed annuncia di voler continuare a chiedere la ripetizione dell’esame del Dna, sebbene i giudici siano stati piuttosto chiari in merito. La donna è intervenuta nei giorni scorsi alla trasmissione Mattino Cinque, alla quale ha commentato l’attuale stato d’animo: “Ovviamente è un momento di grande apprensione soprattutto sapendo che c’è mio figlio in carcere, un innocente in carcere, padre di tre figli che oggi chiedono solo di poter abbracciare il loro papà”, ha asserito Ester Arzuffi, che nei mesi scorsi aveva avanzato anche l’ipotesi della presunta inseminazione artificiale a sua insaputa e dalla quale sarebbero nati Massimo e la sorella gemella. “Credo che sia impossibile immaginare come possa sentirsi mio figlio in carcere da innocente”, ha ribadito la donna, che ora spera di poter vedere il figlio, anche in futuro, combattivo come lo è stato in passato. “Continueremo a chiederlo fino a quando avremo fiato in corpo per gridare che mio figlio è innocente”, ha aggiunto, riferendosi ancora all’esame del Dna. Poi ha citato Yara, sostenendo l’importanza di giungere alla verità, soprattutto per poter finalmente comprendere cosa accadde veramente alla 13enne di Brembate.

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