Nel servizio delle Iene, viene dunque ripercorsa tutta la notte che ha portato al ferimento di oltre 1500 persone e alla morte di una ragazza, Erica, di cui viene raccolta la testimonianza de fidanzato. Si erano riparati sotto i portici di piazza San Carlo per vedere meglio la partita, con la Juventus impegnata in finale di Champions a Cardiff, si sono ritrovati improvvisamente travolti dall’ondata più violenta, dalla folla impazzita per un pericolo inesistente. Gli esperti spiegano come con un servizio d’ordine adeguato, la piazza doveva essere riempita al massimo per poco più della metà, mantenendo il limite di legge di 2 persone per metro quadro, il che avrebbe garantito a tutti via di fuga. Viene inoltre stabilito come il Comune di Torino abbia assegnato alla società appaltatrice l’evento solo pochi giorni prima dello svolgimento, il 27 maggio. Viene interpellata anche la Sindaca Appendino, così come i responsabili della società organizzatrice che rimandano però tutte le domande all’inchiesta in corso della magistratura. Per quasi tutti i feriti, quella notte resterà un incubo che non si spegnerà mai. (agg. di Fabio Belli)



COSA E’ SUCCESSO DAVVERO?

Doveva essere una notte di festa, quella dello scorso 3 giugno a Torino. In campo, per la finale di Champions League a Cardiff, c’era la Juventus. In piazza San Carlo, davanti al maxischermo, migliaia di persone riunitesi per festeggiare la vittoria bianconera sul Real Madrid. Di quei piani, però, non ebbe a verificarsi proprio nulla. La squadra di Allegri sconfitta e, a pochi minuti dal fischio finale, il panico in piazza: il fragore procurato dallo scoppio di uno o più petardi? Le urla di chi, sulla scia degli attentati che in quel periodo stavano funestando l’Europa, scatenò il delirio: “c’è una bomba”. Davverò successe tutto in questo modo? A distanza di mesi i dubbi rimangono a galla, in attesa di una versione ufficiale che indichi i responsabili del morto e dei 1526 feriti di quella notte che doveva essere di festa. Del caso, questa sera, si occuperanno anche Le Iene Show: l’inviato sul posto, Pablo Trincia, ha parlato anche con la sindaca Chiara Appendino. La prima cittadina di Torino, sull’opportunità di ricostruire quanto avvenne il 3 giugno scorso, dice:”Sono la prima a dirlo, dal primo momento, che è giusto che la verità sia consegnata ai torinesi, ma la verità è fatta di fatti che stanno per essere ricostruiti, verranno ricostruiti, e io sono sempre a disposizione”.



IL RAGAZZO CON LO ZAINETTO

Nella notte della follia, quando i tg e i video amatoriali hanno iniziato a mostrare la paura in piazza San Carlo a Torino, tra i primi a finire nel tritacarne mediatico vi fu Davide Buraschi. Il nome, probabilmente, ai più non dice nulla ma basta farne una descrizione per far tornare alla mente il suo profilo: è il ragazzo con lo zainetto a torso nudo, quello che ad ampi gesti dice alla folla di calmarsi, mentre si fa il vuoto intorno a lui. Furono in tanti, in quelle ore, a sostenere che il responsabile del procurato allarme fosse lui, che avesse sparato un petardo, che avesse gridato all’attentato. Di quelle accuse, però, non è rimasto nulla. Già pochi giorni dopo quel 3 giugno, infatti, emerse chiaramente che Davide del panico non era stato un artefice, ma semplice testimone:”Ho sollevato le braccia per cercare di calmare la folla. Volevo far capire che non c’era alcun pericolo, che bisognava stare tranquilli. Ma hanno fatto di me un capro espiatorio. Quelle immagini mostrate in tv e sui siti mi si sono ritorte contro. Mi hanno tenuto in questura per ore. Ho spiegato tutto quello che avevo visto e che ho fatto. È stato terribile. I media hanno fatto di me un mostro, un sobillatore. Hanno cercato di scaricare su di me la colpa di quei mille e 500 feriti“. 



LE COLPE

A chi vanno attribuite, dunque, le colpe del delirio di piazza San Carlo? Una ragazza, Erika, quella notte è morta. Centinaia di persone sono rimaste schiacciate dalla folla che cercava una via d’uscita senza trovarla. Chi era in preda al panico non è stato messo nelle condizioni di fuggire. Di chi sono le responsabilità? Gli inquirenti sono ancora al lavoro per stabilirlo, ma è certo che più di qualche cosa nell’organizzazione dell’evento è andata storta. A partire dalle transenne, di ferro e pesantissime, forse posizionate nei punti sbagliati, colpevoli di aver procurato fratture multiple a tanti tifosi. Per non parlare dei cocci di vetro, responsabili di centinaia e centinaia di ferite: la maggior parte sotto i piedi, era gente che correva scalza, dopo aver perso le scarpe, e sull’asfalto ha calpestato i resti delle bottiglie di birra vendute abusivamente nella piazza. Peccato che il divieto di venderle non ci fosse, il limite riguardava soltanto gli abusivi, e neanche quello è stato osservato. La storia di piazza San Carlo, insomma, è quella di una vicenda di errori e malintesi, di paura e delirio: figlia dei nostri tempi, (ancora) senza spiegazione.