La tanto attesa svolta da parte della famiglia di David Rossi appare dietro l’angolo. La pressione mediatica, esercitata in primis dal programma Le Iene Show di Italia Uno, potrebbe presto sortire gli effetti sperati, portando la procura alla riapertura delle indagini sulla morte del responsabile dell’area comunicazione di Monte dei Paschi di Siena, deceduto nella notte del 6 marzo 2013 dopo essere precipitato dalla finestra del suo ufficio nella storica sede dell’istituto bancario. Per avere un’idea della vicenda bisogna contestualizzarla soprattutto a livello temporale: era da poco scoppiato il caso Mps, il buco da circa 200 milioni di euro lasciato dalla dirigenza allora guida da Giuseppe Mussari, eletto nel frattempo all’ABI, di cui Rossi era stato uno stretto collaboratore. Una decina di giorni prima della morte, il capo della comunicazione aveva subito una perquisizione in casa, ne era rimasto turbato, aveva fatto trapelare l’intenzione di dire tutto ciò che sapeva ai magistrati. Ed è qui che si origina il bivio, la discrepanza di vedute tra i magistrati che in due occasioni hanno privilegiato l’ipotesi del suicidio e quella dei familiari che credono all’omicidio: possibile che un periodo di stress -seppur forte- sia stato alla base dell’estremo gesto? E se invece qualcuno avesse deciso di eliminare David per impedirgli di parlare?
GLI INDIZI
L’attività investigativa ha svelato fin da subito delle incongruenze che difficilmente possono essere conciliate con la versione che vuole David Rossi suicida. In primis i segni sul corpo: ci sono, secondo i consulenti della famiglia di David, lividi e contusioni non compatibili con una caduta da 15 metri d’altezza ma riconducibili ad una colluttazione. Il sospetto covato da chi al suicidio di David non riesce a credere, è che l’uomo sia stato picchiato, magari tramortito, e poi gettato dalla finestra. Analizzando le telecamere di videosorveglianza presenti nel vicolo dietro la sede di Mps, quelle che hanno ripreso il volo di David, si può poi notare un particolare inquietante: un oggetto, presumibilmente l’orologio di Rossi, viene visto atterrare sull’asfalto mezz’ora dopo la caduta del manager. Gli indizi portano a credere che si tratti proprio dell’orologio da polso di David: lo dicono le lancette, fermatesi guarda caso su un orario di 30 minuti successivo al volo di Rossi. Coincidenze? Pare di no. Il convincimento di gran parte dell’opinione pubblica è che il non-detto superi le verità emerse finora. Se n’è avuta ulteriore conferma quando l’ultimo servizio de Le Iene Show firmato da Antonino Monteleone, che per il suo lavoro ha subito anche gli attacchi personali del sindaco di Siena Valentini, ha mandato in onda le parole dell’ex sindaco senese Pierluigi Piccini. Secondo l’ex primo cittadino, la colpa di David potrebbe essere stata quella di voler svelare un clamoroso giro di festini a base di sesso e droga che avrebbe coinvolto magistrati e dirigenti della banca: per questo è stato messo a tacere?
LA FIGLIA DI DAVID
A spingere per la riapertura delle indagini sulla morte di David Rossi è soprattutto Antonella Tognazzi, la vedova del manager di Mps, che non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio. Dalla sua parte c’è anche Caterina Orlandi, figlia “acquisita” di David (sposò la madre ma non era il padre biologico), che qualche giorno fa ha annunciato la prossima uscita di “Se tu potessi vedermi ora”, il memoir in uscita a marzo che racconterà questa triste vicenda dal punto di vista della famiglia di David. Caterina Orlandi ha raccontato così la sua esperienza:”Ricordo l’esatto momento in cui ho capito che dovevo scrivere questo libro. Era il 16 maggio 2016. Mi stavo guardando le scarpe quando mi ha attraversato, di colpo, una consapevolezza: voglio scrivere tutto. Devo raccontare. Sarei voluta correre a casa, aprire il pc e iniziare a tirare fuori ogni cosa: il racconto di quella sera, il viso di mia madre, il ricordo della nostra casa in montagna, il modo che aveva David di ridere. Volevo mettere in fila ciò che ci era successo ma, prima di tutto, raccontare che David non era solo “il dirigente Mps che si è buttato dalla finestra del suo ufficio”. Ma tu non sai nemmeno come si fa a scrivere un libro, mi sono detta. Allora ho cercato chi poteva insegnarmi ad aprire un cassetto alla volta. Appena ho iniziato mi sono accorta che avevo scelto la terapia migliore, e una parola dopo l’altra ho sentito svuotarsi una parte di me che fino a quel momento avevo fatto fatica a mettere a fuoco. Queste pagine sono nate lontane dal clamore, dalle prime pagine e dalle reti televisive, che oggi, invece, (e per fortuna) sono sempre di più. Dopo più di un anno di lavoro, oggi questo libro è pronto, è reale. E io ancora non posso credere di esserci riuscita”.