Un altra piccola anticipazione di quanto andrà in onda questa sera a Padre Nostro arriva sempre dai racconti e le parole che Papa Francesco ha rilasciato a Don Marco Pozza: spiegando il senso profondo di una fede semplice come quella di tanti poveri e umili parrocchiani incontrati nel corso della sua lunga vita da sacerdote, vescovo e poi Papa, Bergoglio racconta «Una volta è venuta a Buenos Aires l’immagine della Madonna di Fatima e c’era una Messa per gli ammalati, in un grande stadio pieno di gente. Io ero già vescovo, sono andato a confessare e ho confessato, confessato, prima della Messa e durante. Alla fine non c’era quasi più gente e io mi sono alzato per andarmene, perché mi aspettava una cresima da un’altra parte. È arrivata però una signora piccolina, semplice, tutta vestita di nero come le contadine del Sud d’Italia quando sono in lutto, ma i suoi splendidi occhi le illuminavano il viso». È poi ancor il Papa a spiegare come quella donna si è fatta più umile di tutti, anche della stessa fede dell’allora vescovo Bergoglio: «Lei vuole confessarsi» le ho detto, «ma non ha peccati.» La signora era portoghese e mi ha risposto: «Tutti abbiamo peccati…». «Stia attenta, allora: forse Dio non perdona.» «Dio perdona tutto» ha sostenuto con sicurezza. «E lei come fa a saperlo?» «Se Dio non perdonasse tutto» è stata la sua risposta, «il mondo non esisterebbe». Avrei voluto dirle: «Ma lei ha studiato alla Gregoriana!». È la saggezza dei semplici, che sanno di avere un padre che sempre li aspetta».
DON MARCO, “HAI L’IMPRESSIONE DI PARLARE CON CHI HA INCONTRATO CRISTO”
Non capita spesso tutti i giorni di avere un Papa intervistato all’inizio di un programma e per Don Marco Pozza l’esperienza incredibile “raddoppia” nella misura in cui non solo ha avuto la fortuna di poter dialogare con il Santo Padre praticamente su tutti i principali temi della Chiesa e delle sfide dell’uomo moderno. «è stato per me una quasi-sfida: l’avevo recitata così tante volte in vita mia questa preghiera, che quasi-quasi mi ero abituato. La recitavo in automatico, non riuscivo più a gustarne il sapore. Incontrare la gente che ho incontrato in questi tre mesi, storie note e storie meno note, nessuna differenza, ha significato anche guardarmi dentro, tornare a professare la mia fede con coraggio, rafforzare ragioni per dire Dio col cuore», spiega a Tv2000 a poche ore dalla prima puntata che andrà in onda questa sera. Il cappellano del carcere di Padova spiega anche come la “sfida” di Dio sia giunta fin davanti ai suoi occhi: «Da un certo punto in poi, per me non è più stato lavorare: avevo la netta sensazione di ascoltare delle catechesi che mi hanno fatto bene, sembravano scritte per me. La non-credenza di tanti di loro, la loro fede difficile, è stato il vestito in borghese che Dio ha usato per riaccendere nel mio cuore affaticato la passione per Lui». Interessante il passaggio dove Don Marco Pozza spiega il personalissimo rapporto nato con Papa Francesco: « Dico solo una cosa: ho avuto la percezione netta di conversare con un uomo che ha incontrato personalmente Cristo. Da quella sera in poi, tutto ha preso una piega inaspettata, che più bella non poteva essere: il suo esserci compagno in tutte le puntate, il libro scritto a quattro-mani con lui, l’ultima puntata-speciale. Di tutto quello che ho vissuto, quello che conservo nel cuore di questi mesi è un’immagine di Chiesa capace di lavorare assieme».
“IL PANE È SIMBOLO DELL’AMORE DI DIO”
Papa Francesco, nel corso dell’intervista, racconta anche alcuni particolari di un modo di vivere che sembra lontano anni luce da quello in cui viviamo oggi. Inutile nasconderci dietro a un dito: viviamo in un mondo consumistico, dove spesso gli avanzi vengono buttati per via del benessere. Papa Francesco, invece, racconta un mondo che oramai non c’è più: ‘Quando ero piccolo ci insegnavano che il pane non si doveva mai buttare, mai. Se ti cadeva a terra un pezzo di pane dovevi raccoglierlo subito e mangiarlo. Tutto quello che avanzava veniva poi rimpastato dalle nonne e dalle mamme con il latte e ci facevano delle torte.’ Una sorta di riverenza quella per un alimento semplice come il pane, che è però simbolo di qualcosa di più, di elevato e spirituale. Continua, infatti, Papa Francesco: ‘Il pane è per l’umanità stessa, è il segnale dell’amore di Dio nei tuoi confronti, che ha cura di te e ti dà da mangiare.’ Tutti sappiamo quanto sia importante il pane nella liturgia cattolica ma Papa Francesco, nel suo fare semplice e diretto, lo ha collegato strettamente anche ai suoi propri ricordi personali, rendendosi ancora una volta molto umano. (agg. Francesco Agostini)
LA PRIMA PUNTATA DI “PADRE NOSTRO”
Da oggi, mercoledì 25 ottobre 2017, Papa Francesco interverrà per otto puntate consecutive (con cadenza settimanale) nel programma “Padre Nostro” condotto e diretto da Don Marco Pozza, il cappellano del carcere di Padova che dopo la conversazione registrata qualche mese fa con Papa Bergoglio ha fatto uscire anche un libro (dal titolo omonimo, edito da Rizzoli). Un’occasione incredibile per vivere da vicino il racconto, l’esperienza e la comunicazione delle fede di un Pontefice amato dalla gente e dalle risposte mai banali, anche se spiazzanti alle volte. All’inizio di ogni prima parte del programma, Francesco dialoga con il giovane cappellano (e nostro collaboratore al Sussidiario) Don Marco raccontando e spiegando il Vangelo a partire dal tema della puntata e dalle esperienze anche passate in gioventù del pontefice argentino. Il programma, nato dalla collaborazione tra la Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede e Tv2000, è strutturato in nove puntate, ogni mercoledì, nel corso delle quali don Marco incontra anche noti personaggi laici del mondo della cultura e dello spettacolo. In questa prima puntata in onda questa sera, protagonista è la scrittrice Silvia Avallone: in un contributo scritto in esclusiva per il nostro quotidiano, Don Marco Pozza prova a far capire l’origine di un’operazione come quella che ora potremmo vedere per due mesi ogni mercoledì sera su Tv2000 (anche in diretta streaming video live a questo indirizzo). «Chi, pregando il Padre nostro, non ha mai avvertito l’abitudine alla sua recitazione? Recitare è materia d’attrazione, non è pregare: è implicarsi in una trama. Preghiera è lasciarsi segregare da Dio: “Sia fatta la tua volontà”. A occhi chiusi, senza manco pensarci. A pensarci è da impazzire: volontà-di-Dio è espressione che sgomenta e sotterra. Altro che passività cristiana: non ciò che l’uomo dovrà fare per Dio. Ciò che Dio vorrà fare per me. Dio della generosità».
DIO, LE TONSILLE E IL GELATO
Nella prima puntata registrata, Don Marco Pozza chiede al Papa di raccontare cosa sia oggi, per l’uomo del 2017, Dio e la “portata” del messaggio che avverte/non avverte su di sé. «Diciamo di essere cristiani, diciamo di avere un padre, ma viviamo come, non dico come animali, ma come persone che non credono né in Dio né nell’uomo, senza fede, e viviamo anche facendo del male, viviamo non nell’amore ma nell’odio, nella competizione, nelle guerre. È santificato nei cristiani che lottano fra loro per il potere? È santificato nella vita di quelli che assoldano un sicario per liberarsi di un nemico? È santificato nella vita di coloro che non si curano dei propri figli? No, lì non è santificato il nome di Dio». Francesco parla al cappellano di un carcere, parla dunque anche ai carcerati, a chi ha fatto molti errori nelle propria vita. Ma in realtà parla a tutti, e proprio per questo è nata questa iniziativa così particolare: «Ci vuole coraggio – ha aggiunto il Papa – per pregare il Padre nostro. Ci vuole coraggio. Dico: mettetevi a dire «papà» e a credere veramente che Dio è il Padre che mi accompagna, mi perdona, mi dà il pane, è attento a tutto ciò che chiedo, mi veste ancora meglio dei fiori di campo.
Credere è anche un grande rischio: e se non fosse vero? Osare, osare, ma tutti insieme. Per questo pregare insieme è tanto bello: perché ci aiutiamo l’un l’altro a osare», spiega il Pontefice in un estratto dell’intervista odierna. C’è anche spazio per gli immancabili aneddoti della gioventù di Papa Francesco: «Dio è grande, è il Dio della gloria, cammina con te e ti dà pure il gelato quando è necessario», e racconta lo spassoso episodio di quando da piccolo, dopo essere stato operato alle tonsille, gli venne dato il gelato, «quell’unica cosa che avrei potuto mangiare in quel momento difficile».
IL DIALOGO CON SILVIA AVALLONE
Al termine dell’intervista con Papa Francesco, Don Marco Pozza proseguirà la puntata di Padre Nostro con l’incontro verso varie personalità del mondo laico: «Ho conversato, con spirito randagio, assieme a Silvia Avallone, Erri De Luca, Mariagrazia Cucinotta, Simone Moro e Tamara Lunger, Carlo Petrini, Flavio Insinna, Umberto Galimberti, Pif: tutte storie conosciute, amiche. Le loro anime, però, sono state rivelazione, rivoluzione», spiega il cappellano di Padova al Sussidiario. Nella puntata di oggi si parte con la scrittrice e poetessa Silvia Avallone, giovane ed emergente figura brillante del panorama culturale italiana: ad un certo punto, come si vede nel breve video qui sotto, Don Marco chiede «nel tuo romanzo, dici “Ogni figlio non ci appartiene, abbiamo il dovere di accompagnarlo”… io penso che se fossi padre questa sarebbe la mia difficoltà, cioè, siccome io ti ho dato la vita, a me piacerebbe riuscire a governarla un po’ con il possesso”… e invece alla fine accompagnare significa anche accettare di dipendere dalle scelte libere che un figlio farà…». La risposta della scrittrice arriva diretta e inizia a parlare di sé: «E questo è il punto secondo me, uno dei punti chiave almeno, che è la separazione… cioè il fatto che tu cresci, metti al mondo, sei genitore di una persona che in effetti ami in maniera folle, e ognuno di noi quando ama è anche fragile, vorrebbe essere sempre una cosa sola con l’altra persona, cioè… ci sono degli istinti, che vengono appunto da una fragilità, che vorrebbero tenersi, aggrapparsi all’altro, ma questo è un istinto che va sempre sorvegliato, perché poi amare significa invece amare, secondo me, la libertà di tuo figlio di avere dei sogni che tu non avevi preventivato, di ribaltare quello che tu gli hai insegnato, di vederlo andare via… e separarsi, e questo è doloroso, è doloroso da entrambe le parti, ma è un dolore da cui non si scappa, ed è un dolore anche bello, perché porta a una libertà, a delle scelte».