Gli Stati Uniti d’Americano non vogliono la Terza Guerra Mondiale: questo il messaggio chiaro inviato da James Mattis, segretario alla Difesa statunitense. In visita alla zona demilitarizzata a Panmunjon, villaggio al confine tra le due Coree, James Mattis ha sottolineato che gli USA “non vogliono la guerra, ma la completa denuclearizzazione della Corea del Nord”. E un monito a Kim Jong-un: “Deve evitare le provocazioni che minacciano gli altri con una catastrofe”. Segnali di distensione? Difficile da dire, soprattutto in vista della maxi esercitazione militare nel Pacifico in programma a novembre, con lo spiegamento di tre portaerei americane e dei relativi gruppi d’attacco. Attesi aggiornamenti nelle prossime ore sul clima di tensione tra Stati Uniti d’America e Corea del Nord, tra le minacce dei due leader e i segnali di distensione delle diplomazie, estere e non. (Agg. Massimo Balsamo)



KIM CERCA ALLEATI CONTRO TRUMP

A.A.A. cercasi alleato per la terza guerra mondiale. Non è uno scherzo purtroppo, ma è quanto di fatto successo ieri con la lettera di “complimenti” e “congratulazioni” mandata dal dittatore Kim Jong-un al presidente cinese Xi Jinping per la sua “rielezione” alla segreteria generale del Partito Comunista Cinese (non abbiamo resistito alle virgolette sulla rielezione, dato il “curioso” metodo democratico noto in Cina, ndr). Il leader di Pyongyang cerca un asse, più di quanto non lo sia già, in Pechino per provare a trovare una sponda contro l’avanzata degli Usa di Trump e di larga parte dell’Onu. «Kim ha espresso la convinzione che le relazioni tra i due Partiti e i due Paesi possano evolvere nell’interesse delle genti dei due Paesi», si legge nel dispaccio pubblicato dall’agenzia di regime KCCNA. Non solo, il Partito dei Lavoratori guidato da Kim ha inviato la scorsa settimana un breve messaggio di felicitazione al Pcc nella imminenza dell’apertura dei lavori del congresso, malgrado i rapporti bilaterali siano sotto pressione per le sanzioni Onu contro Pyongyang, votate anche da Pechino. Il tentativo è piuttosto evidente: basta sanzioni, nuovo asse e scontro aperto con gli Usa. La palla passa ala Cina che da un lato può esercitare il doppio gioco con Pyongyang e Washington dall’altro però deve stare attenta ad eventuali altre sanzioni e ad una situazione globale che è tutt’altro che rosea per i prossimi mesi.



IL RISCHIO OLIMPICO

Le prossime Olimpiadi Invernali non si terranno diciamo nel luogo più sicuro del mondo: Pyeongchang 2018 infatti si situa praticamente in piena terza guerra mondiale (per ora solo “nominale”) con gli scenari che ora del prossimo febbraio potrebbero essere addirittura più complicati di oggi. La località si trova infatti a soli 65 chilometri dalla zona demilitarizzata tra le due Coree, non proprio il “massimo” quando il vicino Kim Jong-un e il “lontano” Donald Trump si promettono ferro e fuoco, ad essere eufemistici. Il rischio di attentati e sommosse militari in Sud Corea è uno dei timori forti non solo del Cio ma anche di varie nazioni occidentali che temono per i propri atleti. Il Guardian ieri ha spiegato come ad esempio la Gran Bretagna ha già in mente un piano di evacuazione degli atleti dal complesso olimpico non solo per un attacco da Pyongyang ma anche per eventuali problemi tra gli Usa e i rivali nordcoreani. Non solo però, anche Francia e Canada hanno preso qualche precauzione: hanno già annunciato di aver lasciato libera scelta ai loro atleti circa la partecipazione. L’impressione è che a breve potrebbe anche cambiare qualcosa anche a livello organizzativo: secondo quanto scrive Libero, sabato prossimo il Comitato Olimpico internazionale terrà una conferenza stampa a Losanna. I rumors dicono che potrebbe mettere in atto uno spostamento in extremis della sede dei giochi olimpici invernali.

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