L’APPELLO DI TONY CIAVARELLO

“Senza soldi e continuamente perseguitato dalla giustizia”: è così che oggi si autodefinisce Antonio Ciavarello, marito di Maria Concetta. Letta così, la notizia potrebbe far pensare a una delle purtroppo sempre più frequenti vicende che vedono cittadini chiedere aiuto dopo essere rimasti senza lavoro o causa dissesto finanziario, ma in questo caso il protagonista è meglio conosciuto negli ambienti giudiziario col nomignolo di Tony e la donna che ha sposato è la figlia del “boss dei boss”, Totò Riina. Infatti, il genero dell’ex capo di Cosa Nostra (tornato prepotentemente alla ribalta sulle cronache nazionali per una richiesta di scarcerazione –non accolta- per via di motivi di salute) st facendo parlare di sé per via una colletta lanciata sul web e tramite la quale mira a raccogliere fondi, denunciando non solo le condizioni in cui è costretto a vivere ma pure quella che, a suo dire, è una vera e propria persecuzione da parte dello Stato Italiano. “Ciao a tutti, purtroppo devo chiedere aiuto a tutti quelli che possono darmi una mano” scrive Ciavarello nel suo appello, promettendo che, una volta che si sarà rimesso in sesto, restituirà tutte le somme prestate.



“IO, IMPRENDITORE TARTASSATO DALLA GIUSTIZIA”

Insomma, il genero di Totò Riina lamenta delle “condizioni economiche disastrose” e, a dispetto del suo curriculum non certo meritorio con la giustizia italiana, promette anche che potrebbe anche fare beneficenza a favore dei bisognosi un giorno che si sarà tirato fuori da questa situazione. Infatti, Tony Ciavarello ha subito il sequestro di due aziende (specializzate nel settore dei ricambi auto), avviate in passato in Salento, dato che secondo le accuse a lui formulate sarebbero state sovvenzionate anche grazie ai fondi procuratigli dal noto suocero. “Mi hanno sequestrato tutto e non ho nemmeno più un lavoro” lamenta Ciavarello che, però, in calce al suo post ha ricevuto un sacco di critiche e nonostante abbia cercato di far leva sul fatto di dover crescere tre bambini. Non è un caso che, al momento, la colletta non sembra aver avuto grande successo anche se, già in passato, aveva dato vita a iniziative simili: ad esempio, aveva aperto una pagina su Facebook dal titolo volutamente ambiguo (“Il boss non Boss ma boss nel suo mestiere”) con cui raccontava la sua storia di imprenditore tartassato dalla giustizia.

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