Ha provocato non poco imbarazzo, nella curia di Napoli, la lettera-denuncia inviata al cardinale Sepe da Marco M., sedicente escort omosessuale, che sostiene di aver partecipato per diversi anni a dei festini hard con almeno due preti attualmente attivi nel centro campano. Parole pesanti, accuse mirate, con nomi e cognomi, dettagli che rendono quanto meno plausibile il racconto del giovane di Teverola, decisosi ad aprire uno squarcio importante in una comunità religiosa che già nei mesi scorsi è stata funestata da un caso analogo, quello di Pizzofalcone, gestito dal sostituto procuratore Clelia Mancuso del pool specializzato in reati contro le fasce deboli e coordinato dal procuratore aggiunto Luigi Frunzio che a breve, peraltro, potrebbe concludersi con esiti clamorosi. Ma la notizia di oggi fa sempre più rumore di quella di ieri: cosa c’è scritto nella lettera di Marco M.?
GLI INCONTRI A PAGAMENTO
Marco M., il presunto escort che ha inviato la lettera di accuse alla sede arcivescovile di largo Donnaregina, riempie due pagine di dettagli, nomi, cognomi, indirizzi e numeri di telefono dei preti che con lui avrebbero partecipato agli incontri a pagamento a sfondo sessuale di cui vuole informare il cardinale Sepe. Si presenta, come riporta Il Mattino, sostenendo che “all’epoca dei fatti che intendo esporre avevo diciassette anni, facevo l’escort per uomini e il mio amico Annibale mi procurava clienti dietro compenso“. Ed è proprio Annibale a presentargli il prete, di cui fa il nome e il cognome, con cui sostiene di aver intrecciato una relazione a pagamento per diversi anni. Il sacerdote in questione, attualmente sarebbe il parroco di una chiesa del centro e sarebbe già stato informato della lettera di denuncia che tra le altre cose è finita sulla scrivania del colonnello Luigi Del Vecchio della Guardia di Finanza. Il prete si è difeso sostenendo che le accuse fanno parte di un disegno orchestrato da qualcuno che avrebbe inventato tutto il racconto di sana pianta per distruggerlo. Il perché di queste presunte false accuse, però, non è chiaro: veleni e rancori mai sopiti tra preti nello stesso ambito della curia possono bastare a giustificare attacchi tanto gravi?
LE CIRCOSTANZE DEI FESTINI
Interpellato sulle accuse piovutegli addosso, il prete di Napoli chiamato in causa dall’escort si è difeso ostentando serenità e ammettendo che sì, è vero, “ieri mattina sono stato convocato in Curia ma solo perché volevano farmi organizzare un pellegrinaggio a Fatima“. Quel che resta, però, è la lettera in cui Marco M. fornisce dettagli molto circostanziati sui presunti festini. Nella lettera-denuncia scrive che a scegliere il luogo degli incontri era stato proprio il prete, ne indica l’indirizzo preciso (“un appartamento nella zona di Capodichino”) e chiama in causa un terzo sacerdote, che con lui avrebbe partecipato ad un rapporto a tre. Il sedicente racconta delle passeggiate in auto al Centro direzionale, delle passioni sfrenate per i ragazzini, e dichiara che quella relazione è andata avanti per diversi anni. Il rapporto si interrompe soltanto quando il prete gli propone l’incontro all’interno di un locale in cui sarebbero state effettuate delle registrazioni da utilizzare in seguito per ricattare i partecipanti ai festini. Qui Marco si oppone, taglia i ponti, fino a quando uno dei due preti cerca di riattirarlo a sé facendolo promettendogli nuovi clienti, “amici” di un altro sacerdote, di Marano. Perché questa lettera proprio adesso? Marco non ha dubbi, perché “questi signori, nonostante tutto, parroci rispettabili”.