Fu la prima italiana a finire sulla copertina di Vogue. Ora Benedetta Barzini ha 74 anni, è una femminista convinta e si batte per il cambiamento dell’immagine femminile, sulle copertine e non solo. Forse da una donna conosciuta per la sua bellezza, discorsi del genere non ce li aspettiamo, ma la Barzini ci tiene a sottolinearlo, ci ha sempre tenuto, e lo fa ancora oggi: “lei ha un cervello prima ancora che un corpo, e della bellezza a tutti i costi se ne frega”. Nell’ultima intervista rilasciata a Libero, la modella che frequentò Warhol e conquistò Dalì, si lascia andare a uno sfogo contro il mondo di oggi e il ruolo della donna. Prima di tutto contro il ricorso e l’abuso che oggi si fa della chirurgia estetica: «Se il sistema ti dice che devi stirati la faccia, vai a stirarti la faccia. Perché la tua funzione atavica è di piacere all’uomo. Punto. Siamo asservite. Dietro queste settantenni rifatte e in minigonna c’ è la disperazione, la miseria intellettuale e la fragilità».



«UNA REALTÀ CHE POSSIAMO GUARDARE MA NON CAMBIARE»

Secondo la Barzini, quello in cui viviamo non è certo un mondo per donne. Concetto sostenuto non solo da lei, ma che la donna tratta con un certo pessimismo. Insomma, basta guardare la pubblicità dell’intimo femminile per rendersene conto, ma è necessario anche andare lontano, solo per osservare la situazione, che possiamo studiare ma non cambiare. «L’unica libertà che abbiamo è farci le domande, chiedere perché. Per esempio, noi non abbiamo nemmeno un cognome. Ed è indicativo, significa che noi non possiamo contare. E non è femminismo, è semplicemente una costatazione della realtà. Perché non abbiamo un cognome? Perché mi devo stirare le rughe? Qual è la mia autenticità? Perché la Madonna non parla mai?». Secondo la modella, viviamo in un un sistema che vuole tenere le donne sotto il proprio coperchio perché, se si preoccupa di cose futili come «rifarsi le tette», non ha tempo di pensare al mondo, alla politica, ai fatti sociali. Una situazione che è sotto gli occhi di tutti ma che non possiamo cambiare, almeno non nell’immediato.



LA CRITICA A MODELLE, STILISTI E FASHION BLOGGER

In questo senso, la moda di oggi sarebbe uno specchio di una realtà più generale: «Non c’ è uno stile ma centomila, c’è l’ indissolubilità del modo di vestire maschile e la mobilità di quello femminile. A me sembra interessante perché la staticità della moda maschile rende l’ uomo visibile, la mobilità di quella femminile rende la donna invisibile. Poi esiste la categoria dei teenagers dove vince lo stile Usa made in China dove fai quello che vuoi perché non conti. Quando vai al colloquio però ti togli il piercing al naso e nascondi i tatuaggi. Quindi nulla è cambiato». Dura la critica, oltre alla moda, anche a quello degli stilisti, dove «esistono pochissimi designer veri», nonché a quello delle fashion blogger, che definisce «un sottoprodotto del prodotto». Insomma, una situazione critica di cui la moda sembrerebbe si un riflesso, ma anche un generatore.



LA MODELLA CHE FREQUENTÒ WARHOL E CONQUISTÒ DALÌ

Interssante, poi, lo sguardo al passato dell’ex modell, che ci riporta interessanti aneddoti che l’hanno vista parte del mondo dell’arte degli anni Sessanta, con Andy Warhol e con Dalì. Del primo, frequentò la Factory, pur facendone mai parte davvero: «Non sono mai diventata un amore di Andy perché non ero disperata, non ero drogata e quindi non ero interessante. Però ci andavo li vedevo, suonavo con i Velvet Underground, ma non andavo bene appunto, non ero matta, nevrotica, drammatica. Io li osservavo». Dalì, invece, rimase così colpita da lei, al punto da chiederle dse fosse disponibile a replicare la cerimonia di nozze tra lui e Gala: «Assomigli tanto a Gala quando l’ho sposata, ti dispiace se rifacciamo quella cerimonia? Ti do un suo vestito». Attualmente la Barzini è ancora modella “evergreen” (richiesta da Armani, Gattinoni, ecc) e giornalista. Si occupa di moda e di temi sociali su varie riviste del settore. Docente presso atenei universitari, cura attualmente un corso di Storia dell’abito presso la Scuola progettisti di moda della Facoltà di Lettere dell’Università di Urbino unitamente al corso diAntropologia della Moda per il corso di Laurea Triennale di Fashion Design presso la Naba – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.