Mettere dei punti fermi sulla questione libica non è impresa da poco. Fin dalla deposizione di Gheddafi è apparso chiaro che ristabilire l’ordine nella regione sarebbe stato un piano di difficile realizzazione. Colpa dell’improvvisazione seguita ai bombardamenti voluti dall’allora primo ministro francese Nicolas Sarkozy, ma anche dell’organizzazione stessa del popolo libico. Migliaia di tribù, per farla breve, non sono facili da mettere insieme in nome della democrazia. Serve un uomo forte al comando: all’epoca era Gheddafi, oggi chissà. In questo senso, a tentare di raccogliere l’eredità del Colonnello sono in due: uno è il generale Haftar, l’uomo forte di Bengasi, sostenuto dall’Egitto di al-Sisi e con un passato fatto di collaborazioni con la CIA, uno abituato a mescolare fuoco e politica; l’altro è Fayez al-Sarraj, primo ministro del governo di unità nazionale di Tripoli, che poi tanto unito non è. Non si può non partire da questi assunti per descrivere la situazione in Libia: un luogo pericoloso del mondo, dove stabilire buoni e cattivi è forse impossibile. C’ha provato, per Le Iene Show, Luigi Pelazza.



IL VIAGGIO DE LE IENE

La trasmissione di Italia Uno, Le Iene Show, manderà in onda questa sera un’inchiesta firmata da Luigi Pelazza, inviato per l’occasione a Misurata, centro della Libia affacciato sul golfo della Sirte. Si tratta di una delle regioni più importanti dal punto di vista geopolitico: proprio questo centro, infatti, per mesi è stata la roccaforte dell’Isis nel Paese. Per liberarla è servito il sacrificio di centinaia di miliziani fedeli al governo di Tripoli coadiuvati dall’alto dai bombardamenti ordinati dal presidente Usa, Donald Trump. Ed è a Misurata, adesso, che sono imprigionate le mogli degli jihadisti del Califfato insieme ai loro figli. Nel viaggio che vedremo in onda questa sera, Pelazza cercherà di capire se gli affetti delle milizie di Daesh sono a loro volta complici delle azioni di terrore compiute dai miliziani o se invece sono costrette a pagare un conto salatissimo da innocenti.



GLI EQUILIBRI A MISURATA

Come detto la situazione in Libia versa su un equilibrio instabile e proprio Misurata, dopo la liberazione dalle truppe del Daesh, funge da appoggio a tutti gli altri centri che ancora devono fare i conti con i tentativi di riorganizzarsi da parte dell’Isis. A conferma di ciò, l’ultimo episodio è stato regitrato pochi giorni fa, quando le truppe misuratine, guidate da Al-Bonyan Al-Masrous, sono intervenute a sostegno delle truppe del generale Haftar, plenipotenziario di Bengasi, superando da una parte la storica rivalità con la città e dall’altra le titubanze derivate dal sospetto che proprio le milizie della Cirenaica siano in in combutta con il Califfato, com’è sembrato dopo che alcuni soldati sono stati filmati mentre erano impegnati nel compiere caroselli con le bandiere dell’Isis. Misurata, però, non gode di buoni uffici neanche nei confronti del governo di Tripoli di al-Sarraj: i motivi sono da far risalire alla caduta di Sirte, ultima roccaforte di Gheddafi – in cui le truppe misuratine si rivelarono decisive per abbattere le resistenze lealiste – per cui ancora attendono un congruo riconoscimento. Tutto, dunque, sembra riportare alla caduta del Colonnello: leader scomodo, atipico, per molti tratti “impresentabile”, ma almeno leader. 

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