Un’attrice come tante ce ne sono nel panorama di tv e cinema in Italia, una bella donna e una persona che potremmo definire una “semplice” vip, senza infamia e senza lode. E invece Nancy Brilli, nella lunga intervista rilasciata a Domenica In con l’amica Cristina Parodi, ci ha lasciato alcuni spunti importanti, provocatori e sinceri, sul concetto di famiglia. Direte voi, e perché dovremmo andare da Nancy Brilli a imparare cosa potrebbe essere famiglia? Beh, primo punto, non c’è una questione da “imparare” o da “imitare”, ma semplicemente una donna, una madre, che racconta un’esperienza che tanti vite normali e lontane dallo showbiz hanno comunque vissuto. «La famiglia tradizionale è un lusso che solo alcuni, pochissimi, riescono ad avere: la famiglia di nascita è infatti quello che ti capita», racconta la Brilli dopo aver spiegato che la sua infanzia è stata drammatica per la perdita a 10 anni della mamma e per la ricerca costante di una figura affettuosa, materna, che potesse anche solo semplicemente dirle “ti voglio bene”. Secondo la Brilli però, quel lutto e quel dolore, dovrebbe insegnare che «la famiglia è un fatto di persone che si vogliono bene, punto. Famiglia è ad esempio il pubblico che ti ama e ti segue in quello fai; famiglia è il tuo amico che ti chiama di notte e chiede una mano perché sta soffrendo; famiglia sono le amiche; famiglia sono anche il cane e il gatto, un affetto che ti fa dire “sì, sono amata”».



TRA DRAMMA E TRADIZIONE

Nancy lo ha raccontato così, papale papale, ma dietro vi sta – e lo si comprende dai suoi occhi lucidi – un dramma lungo e difficile durato per tutta la sua esistenza, e come lei chissà quanti altri. Superficialmente potremmo dire che il suo è un attacco alla famiglia tradizionale, sia nella concezione, ma anche nel fatto che “in pochi possono godere di quel bene tradizionale”. Con modestissimo parer nostro, ci sovviene un punto: è certamente provocatorio quello che va sostenendo, ma il tutto nasce da un dramma, un dolore, un lutto come la mancanza di una madre, ricercata poi addirittura nei rapporti con le madri di tutti i suoi mariti (ben due) e compagni (tre, con l’ultimo Roy De Vita con cui da poco è purtroppo finita la loro relazione d’amore, ndr). Da un lato Nancy Brilli “prende” la deriva della nostra società di oggi, secondo cui ogni legame affettivo “è famiglia”, rischiando di confondere amicizie, incontri decisivi per crescere e la stessa famiglia, cioè l’origine di un ordine e amore nella propria vita riconducibile ad un padre e una madre; dall’altro il suo è un grido, forse neanche tanto cosciente, di chi vorrebbe una famiglia come quella tradizionale e invece constata di non averla avuta.



«Vorrei rivivere la mia infanzia, prima che morisse mia madre: avevo 10 anni e non me la ricordo, completamente cancellata, ho provato anche con l’ipnosi ma non mi ricordo nulla. Ho sofferto tanto, nell’adolescenza mi sentivo tutta sbagliata. Perché tutte le bambine avrebbero il diritto che qualcuno le dicesse sei carina, o di sentirsi abbracciata e sentirsi voluta bene. Non avevo fiducia in me stessa; mi sono sposata con le madre dei miei mariti perché cercavo la famiglia, l’ho sempre cercata. Una mamma e un papà, cercavo rassicurazione: non sono portata, ormai l’ho capito, ma l’ho sempre cercata». Le plurime vite matrimoniali e i tentativi di Nancy rispondono esattamente a questo grido: si cerca il bandolo della matassa e non lo si trova (o non lo si vede). Per l’attrice romana dunque, anche quel “gatto e cane” diventano famiglia; eppure aveva appena finito di dire che lei vorrebbe esser parte di quel “lusso di pochi”, di voler avere una madre e un padre. Il dolore ci fa soffrire e ci fa arrivare a dire anche cose non pienamente aderenti con la realtà; d’altro canto quello stesso dolore smuove anche il bisogno più recondito e ci fa esplodere una domanda. Ho bisogno di essere voluto bene e non da un “tutti indistinto” ma da quell’origine pienamente riconoscibile: un marito, una moglie, un padre e una madre. Insomma, la famiglia tradizionale, da tantissimi vituperata, siamo proprio sicuri che sia così del tutto “convenzionale” e “poco aderente” alle esigenze e desideri dell’individuo? 



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