La pratica è nota come “onironautica”, ma al di là della difficoltà di pronunciarla esprime un desiderio tanto semplice quanto antico: governare i propri sogni, decidere quali pensieri sviluppare quando chiudiamo gli occhi, controllare il nostro cervello non soltanto da svegli. Sembra fantascienza, ma dei cosiddetti “sogni lucidi” si discute da tempo. Il tema è stato portato alla ribalta dal film “Inception” di Christopher Nolan con Leonardo Di Caprio: ma è davvero possibile diventare i registi della propria trama onirica anziché essere vittime del proprio inconscio? Ne sono convinti i ricercatori dell’Università di Adelaide, in Australia, che alle dipendenze di Denholm Aspy hanno testato 3 possibili tecnice di onironautica su 169 persone. La prima, come riporta Il Corriere della Sera, consiste nell’inserire nella fase della veglia “piccoli test di controllo della realtà, nella speranza di innescare un’abitudine da riprendere durante il sonno, come chiudere le labbra e inspirare“. La seconda prevede un risveglio di pochi minuti dopo un sonno di 5 ore seguito da un nuovo periodo di nanna, così da avere accesso alla fase REM. La terza ultima tecnica utilizza il metodo noto come MILD (mnemonic induction of lucid dreams): anche in questo caso ci si risveglia dopo cinque ore cercando di ricordare quel che si stava sognando prima di tornare a dormire. I 169 volontari, divisi in tre gruppi, hanno testato la prima tecnica, la prima abbinata alla seconda e poi tutte e tre. Proprio l’ultimo test ha fornito i risultati più promettenti visto che il 17% ha riferito di aver vissuto un sogno lucido. 



A COSA SERVE GOVERNARE I SOGNI?

Un interrogativo potrebbe sorgere spontaneo: a cosa serve governare i sogni? Se è vero che l’importanza del sogno è stata certificata dal sistema religioso-filosofico del Buddismo tibetano, che ne ha fatto un caposaldo, ma perfino da Aristotele, qualcuno potrebbe domandarsi come possa essere giustificato tanto interesse per la materia. I ricercatori australiani sono convinti che l’onironautica, se raffinata, potrebbe aiutare nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress o dei sonni funestati da incubi. Ma i benefici potrebbero riguardare un obiettivo ancora più alto: attraverso lo sviluppo della creatività e il rafforzamento dell’autostima, ogni essere umano potrebbe avere il raggiungimento dell’armonia a portata di pennichella.  Davide Liccione, Psicologo-Psicoterapeuta, Direttore della Scuola Lombarda di Psicoterapia, spiega che “l’attività onirica ha da sempre una notevole importanza per l’uomo, per l’impatto emotivo che riveste e la possibile traduzione in significati utili all’esistenza”. Ecco perché “il sogno non può essere imbrigliato nell’applicazione di qualche tecnica” ma “possiamo imparare, in alcuni casi, a prendere determinate direzioni piuttosto che altre“.



E SE GLI INCUBI FOSSERO NECESSARI?

Un po’ come la medicina amara che guarisce, c’è da considerare che possa anche non essere un bene eliminare gli incubi dallo spettro dei nostri sogni possibili. Luca Mazzotta, psicologo specialista in psicoterapia psicoanalitica a Milano interpellato da Il Corriere della Sera, chiarische come in psicoterapia l’analisi dei sogni “è ancora importante perché aiuta a rappresentare aree dello psichico che altrimenti resterebbero senza forma“. Ecco dunque arrivare la risposta al quesito sull’utilità degli incubi:”Anche un incubo ha una sua funzione nell’economia psichica: siamo sicuri che sarebbe meglio evitarlo? Si tratta, infatti, di rappresentare qualcosa che altrimenti non avrebbe accesso a una elaborazione psichica, il che potrebbe avere conseguenze peggiori dell’averlo sognato“. C’è poi da considerare l’aspetto etico della questione: esiste un problema morale legato alla privacy dei sogni? L’esperto risponde:”Se ciò fosse davvero possibile, credo di sì. Il sogno è qualcosa di privato, fa parte del vissuto più intimo di ognuno. Chi più, chi meno, tutti ricordiamo qualche sogno che ci ha particolarmente colpito, e questo si inserisce nella nostra storia, nel nostro senso di identità, fa parte di quello che siamo“.

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