Che il dicastero vaticano per la Promozione umana integrale organizzi un convegno sul disarmo non è una notizia. Sono tanti infatti i convegni organizzati dalla Santa Sede o a cui questa partecipa. Suscita invece un’eco vastissima che il Vaticano di Papa Francesco prende un’iniziativa sulle armi nucleari mentre si sta avvicinando l’ora X della guerra tra Stati Uniti e Corea del Nord, mentre russi e americani si rinfacciano reciprocamente molteplici violazioni degli accordi di disarmo nucleare, mentre Giappone e Corea del Sud discutono se dotarsi dell’arma atomica. Non è facile spiegare il motivo di questa differenza. La linea che distingue l’ordinario dallo straordinario è infatti spesso sottile e sfuggente. Ma la differenza c’è ed è profonda. 



In questo caso, è papa Francesco a creare la differenza. In un mondo di percorsi paralleli che procedono ordinatamente verso la catastrofe, Francesco sconvolge tutti ricordando che qualunque percorso può essere interrotto o cambiato. Lo fa dicendo che l’umanità “rischia il suicidio” a causa delle armi nucleari. Sono parole semplici, ma rare se non addirittura uniche nel tempo in cui viviamo, quello della dittatura dell’ordinario. La voce di papa Francesco è una voce libera: viene infatti dal mondo dello straordinario. E’ il mondo in cui Francesco vive ogni giorno, a partire dalla preghiera e dalla meditazione del mattino, visitando i luoghi più periferici, abbracciando i poveri, spingendo la Chiesa ad uscire da se stessa, rimproverando i potenti, evocando una politica alternativa realizzata da grandi movimenti popolari…. E dall’interno di questo mondo così diverso, pur se immerso negli stessi luoghi dove si svolge la vita quotidiana di miliardi di persone, dona sprazzi di libertà agli schiavi dell’ordinario. E’ il suo modo di annunciare il Regno di Dio. Si chiama profezia. 



Per portare lo straordinario nell’ordinario bisogna però saper parlare una lingua comune che metta in comunicazione questi due mondi. Francesco non offre soluzioni concrete, prese alla lettera, anzi, almeno una parte delle sue parole possono apparire impraticabili. Ma tutti capiscono i messaggi che egli lancia, spesso in modo accorato. Secondo alcuni, ciò accade perché, quando entra nelle grandi questioni della politica internazionale, si mette anche lui a parlare il linguaggio dei politici. Non è così. Se tutti lo capiscono, è perché parla la lingua della storia in cui siamo tutti immersi: grandi e piccoli, potenti e deboli, colti ed ignoranti… Non a caso, da tempo Jorge Bergoglio è convinto che il tempo è superiore allo spazio, che importa mettere in moto i processi più che fissare regole. La sua eccezionale tempestività nella denuncia di problemi e sfide che incombono sull’umanità mostra un profondo senso della storia, illuminato dalla fede, animato dalla carità, sostenuto dalla speranza. Molti cercano di fermarlo, sollevando dubbi o chiedendo precisazioni su ciò che dice, ma Francesco non se ne cura, passando oltre. Ma se saremo preservati da una catastrofe nucleare non lo dovremo certo a questi molti.   

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